Gli effetti della nomina dell’amministratore cessano dopo due anni

Con una pronuncia del 15 Aprile 2016 il Tribunale di Brescia (R.G. 5103/2015) conferma che gli effetti della nomina dell’amministratore cessando dopo due anni, pertanto il rinnovo dell’amministratore deve avvenire “dopo il primo anno, a pieni poteri, senza il raggiungimento del quorum dei 500 millesimi e metà più uno degli intervenuti

Tutto ciò, per via dell’orientamento delle recenti sentenze dei vari Tribunali nei quali si dà ormai per assodata la durata biennale dell’incarico senza dover necessariamente inserire “il punto all’ordine del giorno alla scadenza del primo anno di mandato“. Inoltre,in questo modo si rafforza anche la tesi accolta nella sentenza della Corte d’Appello di Venezia, seconda sezione, pubblicata il 14/1/15 R.G. 364/2014 V.G..
La pronuncia bresciana specifica poi che “l’intervento del Tribunale in volontaria giurisdizione è possibile solo quando l’amministratore sia dimissionario o revocato in carica o per uno dei motivi di cui al comma 11 dell’articolo 1129 e l’assemblea non provveda alla nomina; e chiarisce che gli effetti della nomina cessano comunque alla fine dei 730 giorni, legittimando l’amministratore al compimento delle sole attività di cui al comma 8 dell’articolo 1129 del Codice civile“.

Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio!

Stop agli abusi dell’area destinata a parcheggio: il comproprietario di un’area di parcheggio che blocca l’accesso o l’uscita alle altre automobili commette una «molestia possessoria», anche se questi lascia sempre le chiavi nel cruscotto per consentire agli altri di spostare tranquillamente la sua macchina. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10624/2016 , respingendo il ricorso di una condòmina che, da più di un anno, era solita lasciare la sua macchina parcheggiata in modo da impedire le manovre ad un’altra comproprietaria che precedentemente aveva costruito nell’area comune una tettoia sotto la quale lasciava l’auto.

Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio: Il caso

Inizialmente, la signora che era solita abusare dello spazio destinato al parcheggio, aveva avuto partita vinta. Infatti, il Tribunale aveva respinto la richiesta di una delle due contendenti di “essere reintegrata nel possesso dei due posti auto sotto la pensilina“, ritenendo “non provato il possesso esclusivo dello spazio posto nell’area comune“. Per la Corte d’Appello, invece, il punto centrale non era tanto il possesso dei posti sotto la tettoia, bensì il parcheggio “selvaggio” che impediva le manovre a chiunque volesse parcheggiare la propria auto sotto la tettoia, e dello stesso avviso sono stati i giudici della Cassazione. Nella fattispecie, secondo i giudici della seconda sezione “la molestia possessoria era nell’impedire l’entrata e l’uscita da parte degli altri comproprietari. L’aver disposto la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione del possesso rientra – sottolinea la Suprema corte – nell’esercizio del potere di interpretazione della domanda che spetta al giudice. La mera turbativa costituisce, infatti, un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione del possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso”. I giudici ricordano che in base all’articolo 1102, comma 2 il partecipante alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri. Il comune possesso trova dunque una tutela contro tutte le attività con le quali “uno dei compossessori comproprietari, introduca una modificazione che sopprima o turbi il compossesso degli altri”. Invece, è del tutto ininfluente la giustificazione della signora di lasciare le chiavi nel cruscotto.

Inviare una lettera offensiva all’amministratore è diffamazione

Inviare una lettera offensiva all’amministratore è diffamazione. Inutili tutti i tentavi dell’imputato per far dichiarare questo comportamento un reato di ingiuria, sperando, fra le altre cose, di poter godere della depenalizzazione che ha avuto questo reato, a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs 7 /2016 che ha cancellato questo reato penale, trasformandolo in un illecito civile.
Ma procediamo con ordine. Tutto è iniziato con una lettera che un tecnico (l’imputato) aveva scritto, dando del “mentecatto” all’amministratore di una multiproprietà, anche la sua intenzione era quella di fare delle precisazioni in ordine al pagamento dei suoi onorari e in risposta ad una lettera della persona offesa (amministratore) che ne pretendeva la gratuità. Inoltre, la missiva era stata inviata, non solo all’amministratore, ma anche ad altri soggetti residenti nel condominio.
Per questo motivo, sia i giudici di primo che quelli di secondo grado hanno dichiarato l’imputato colpevole di diffamazione ai danni dell’amministratore, e pertanto lo hanno condannato al pagamento di una multa nonché al risarcimento dei danni causati alla parte civile.
Ritenendo ingiusta la condanna, però, l’imputato ha deciso di  inoltrare ricorso per cassazione, invitando i giudici a pensare che potesse trattarsi di  ingiuria aggravata in quanto lo scritto, contente l’offesa alla reputazione dell’amministratore, era stato indirizzato anche,e non soltanto, al medesimo.

Inviare una lettera offensiva all’amministratore costituisce diffamazione: anche la Corte di cassazione lo conferma

Anche i supremi giudici, richiamando precedenti pronunce, con la sentenza n. 18919/2016 che nel caso «l’offesa sia contenuta in una missiva diretta ad una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non può considerarsi concretata la fattispecie dell’ingiuria aggravata dalla presenza di altre persone, proprio per la non contestualità del recepimento delle offese medesime per la conseguente maggiore diffusione delle stesse».
Nella fattispecie in esame, non sussiste. a loro avviso,  “il delitto di ingiuria ma quello di diffamazione in quanto la lettera era stata indirizzata ad altri due condomini ed era stata letta anche da altre persone che facevano parte dell’amministrazione in quanto la lettera era stata inviata impersonalmente all’amministratore di condomino (senza aver precisato riservata-personale) e, quindi, nella piena consapevolezza che la stessa poteva essere posta a conoscenza anche di altre persone e che comunque sarebbe stata protocollata agli atti dell’amministrazione a disposizione di chiunque vi potesse accedere» (Cassazione, sentenza 18919/2016 ).
Così è stato condannato per il reato di diffamazione l’amministratore che, in una lettera inviata a tutto il condominio, riportava le espressioni ingiuriose pronunciate durante l’assemblea nei confronti di due condomini.
Secondo i giudici di legittimità «il diritto-dovere dell’amministratore di informare il Condominio dei fatti avvenuti nel corso dell’assemblea deve accordarsi con l’interesse delle persone offese a che le frasi contro la propria reputazione non vengano ulteriormente diffuse” (Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n 44387/2015).
Inoltre, sempre secondo i Supremi Giudici, anche affiggere nel portone del condominio i nominativi dei morosi è diffamazione poiché, si legge in sentenza, “non vi è alcun interesse da parte di terzi alla conoscenza di quei fatti, anche se veri” (Cassazione, sentenza 39986/2014).