La morosità idrica

Cosa è e quando si parla di morosità idrica?

Passa per il condominio il Ddl 2343 del Senato , che esamina in prima lettura l’iter delle nuove norme su «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque». Ma quello che interessa maggiormente i condomini di uno stabile è l’articolo 7 quando specifica che «È assicurata, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, l’erogazione gratuita di un quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali, che deve essere garantita anche in caso di morosità; tale quantitativo è individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel limite massimo di 50 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazione pro capite».

Morosità idrica: come stabilire chi è in ritardo con i pagamenti?

Spetta all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di stabilire come i gestori debbano individuare i soggetti con una morosità idrica “incolpevole”,basandosi sull’indicatore dell’Isee. Secondo Marco Manunta, presidente della XIII Sezione del Tribunale di Milano, “sarebbe già applicabile il principio della contabilizzazione diretta in applicazione del Dpcm del 4 marzo 1996, richiamato dall’articolo 146 lettera f) del Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006) dove al punto 8.2.8 si legge che «È fatto obbligo al gestore di offrire agli utenti l’opportunità di fare eseguire a sua cura, dietro compenso e senza diritto di esclusività, le letture parziali e il riparto fra le sottoutenze e comunque proporre procedure standardizzate per il riparto stesso». Questa norma permetterebbe quindi di attivare anche la riscossione tramite l’acquedotto. In questo modo si eviterebbero la conseguenze che le morosità di alcuni, magari incolpevoli, causino la sospensione dell’erogazione all’intero edificio“.

Questo Ddl, in discussione al Senato, potrebbe finalmente dare le risposte, che da tanto si aspettano, relative al problema della morosità delle spese idriche.

Interventi di manutenzione straordinaria e clausola penale

Spesso all’interno di un condominio si deve procedere ad eseguire interventi di manutenzione straordinaria. un esempio su tutti è il rifacimento del tetto: “l’assemblea delibera i lavori, istituendo il relativo fondo spese o stabilendo il versamento a rate, ai Sal (articolo 1135 del Codice civile, come modificato dalla legge 220.2012). E nel contratto di appalto è prevista la clausola penale. Sul tema è intervenuta la recente decisione della Cassazione n. 13902/2016 del 7.7.2016“.
Nel caso di specie, l’impresa appaltatrice aveva già ottenuto l’ingiunzione per il pagamento del saldo; il condominio, invece, si opponeva con varie motivazioni, tra cui spiccava quella riguardo l’eccessiva onerosità della penale, unico motivo portato in Cassazione. La Corte di Appello. dal canto suo,  aveva già preso in considerazione la riduzione della penale già operata dal condominio, facendola anche decorrere dalla data dell’inizio della causa, decidendo pertanto di non effettuare alcuna riduzione a equità. Il condominio, invece,  lamentava “la violazione dei principi della clausola penale (art. 1382 c.c.) e dei tassi di interesse (art. 1815 c.c.): l’importo giornaliero della penale decorrente dall’inizio della causa comportava il superamento della soglia del tasso usuraio“.

Interventi di manutenzione straordinaria: la decisione della Cassazione

Per questi motivi, la  Suprema Corte ha ritenuto fondate le motivazioni, ha delineato una nuova finalità della penale: “la realizzazione dell’equilibrio delle parti del contratto, evitando l’abuso di posizione dell’adempiente, senza tutelare l’inadempiente ma bilanciando il rapporto contrattuale. Fino a ieri la penale era definita negozio autonomo, con oggetto e funzione propria (Cass. 16492/2002 e Cass. 6561/1991). In passato si leggeva che: «il contraente adempiente ha diritto di richiedere il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento o all’inesatto adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto, ai sensi dell’art. 1453, comma 1, del Codice civile in ogni caso e, cioè, sia quando egli chieda anche la risoluzione del contratto, sia quando rivendichi la relativa esecuzione, ed anche quando le conseguenze dell’inadempimento siano ancora eliminabili o attualmente eliminate, per cui la pretesa risarcitoria è accoglibile solo in relazione al pregiudizio realizzato nel tempo dell’inadempimento e fino alla cessazione di questo». (Cass. 5100/2006; Cass. 9926/2005)“.
Quindi, con la decisione n. 13902.2016 dove «il riferimento all’interesse del creditore contenuto nella norma e considerato che la possibilità della riduzione ad una misura equa trova la sua r della Suprema Corte ragion d’essere nell’interesse del debitore inadempiente, consente di identificare quel criterio nell’equo contemperamento degli interessi contrapposti, che assicuri, cioè, il posizionamento del soggetto adempiente sulla curva di indifferenza più vicina a quella su cui si sarebbe co0llocato qualora il contratto fosse stato adempiuto».

Per concludere, ecco l’affermazione, assolutamente degna di nota, del Collegio: «D’altra parte, tenuto conto che dal nuovo e moderno sistema contrattuale, quale viene sempre più emergendo, anche dalla normativa europea, corollario di un liberismo che al contempo è anche solidaristico, emerge una maggiore attenzione per la giustizia contrattuale, cioè per un contratto che non presenti né uno squilibrio strutturale, né e soprattutto uno squilibrio tra prestazioni o di contenuto, appare ragionevole che anche la clausola penale debba essere espressione di un corretto equilibrio degli interessi contrattuali contrapposti».

Problematiche relative alla revisione delle tabelle millesimali

La revisione delle tabelle millesimali a maggioranza non cambia i criteri di stima.

L’articolo 69 delle Disposizioni di attuazione del codice civile, infatti, stabilisce che, in linea di principio, la rettifica o la modifica delle tabelle millesimali può essere fatta soltanto all’unanimità.

Questa regola, ritenuta inderogabile dal successivo art. 72, presenta due eccezioni:
– “quando risulta che i valori millesimali sono conseguenza di un errore“;
– “quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, risulta alterato per più di un quinto il valore proporzionale di almeno una unità immobiliare“.
Tuttavia, è necessario comprendere il significato tecnico di tale norma.

Revisione delle tabelle millesimali: la norma

Infatti, confondere il concetto di revisione delle tabelle millesimali in seguito ad un errore o una modifica con il redigerle ex novo, non è affatto raro.

Proprio guardando bene all’incipit dell’art. 69 possiamo comprendere la necessità di come l’attività di rettifica e di revisione indicati ai nn. 1) e 2) della norma debba risultare diversa poiché in difetto si andrebbe ad annullare la ratio che vuole l’unanimità per la modificazione in tutti gli altri casi.
L’attività tecnico-peritale di rettifica delle tabelle da deliberarsi a maggioranza deve, dunque, limitarsi alla mera individuazione dell’errore ed alla sua correzione, senza, per questo, mettere mano alla struttura di base delle stesse tabelle, ovvero, senza occuparsi del rilievo delle unità coinvolte e senza rivedere i coefficienti di riduzione che il tecnico del tempo ha ritenuto di adottare.
Quella di revisione a seguito di modificazione, dovrà tenere conto soltanto di quanto determini la modificazione stessa in termini di incidenza sull’elemento oggettivo prima e sulla superficie o volume convenzionale dopo, della sola unità interessata dalla modificazione, per poi ristabilire i rapporti di proporzione fra tutte le unità facenti parte del condominio, senza per questo intervenire sulla stima delle restanti unità o sulla valutazione dei coefficienti di riduzione da applicarsi, dovendosi rifare necessariamente a quanto ritenuto di dover applicare dal tecnico originario.
Il comma di chiusura prevede come le regole di rettifica e modificazione a maggioranza siano applicabili per la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte sia in applicazione delle criteri di legge che convenzionali“.

Ciò rafforza la necessità di limitare “l’attività peritale”  alla correzione senza dover per forza entrare nei merito dei criteri di stima adottati dal tecnico che magari, a sua volta, avrebbe potuto scegliere questi in maniera del tutto convenzionale. Ma è proprio il criterio convenzionale che richiede una nuova unanimità affinché venga modificato e che suggerisce le considerazioni fatte finora.

Modifica delle tabelle millesimali: la revisione tecnica

Per quanto riguarda le tabelle convenzionali che stabiliscono, per esempio, “la ripartizione delle spese di manutenzione delle scale esclusivamente in base alla misura proporzionale all’altezza dei piani, si porcederà a rettifica della tabella perché, ad esempio, per errore non è stata compresa l’unità dell’ultimo piano o alla modificazione per sopraggiunta sopraelevazione, senza, però, che si metta mano al criterio stesso di ripartizione che resterà per il cento per cento sempre proporzionale all’altezza dei piani, continuando così a derogare al principio fissato dall’art. 1124 c.c., atteso che per tale ultima modificazione si renderebbe necessaria la sottoscrizione di una nuova convezione“.
Occorre però rilevare una circostanza sfuggita al Legislatore: “il tecnico incaricato a maggioranza di revisionare le tabelle per errore o modificazione per alterazione superiore ad un quinto del valore anche per una sola unità immobiliare, ha l’imprescindibile necessità di acquisire agli atti del suo lavoro la relazione accompagnatoria delle tabelle originali redatta dal collega del tempo. Purtroppo, questa relazione è spesso assente al fascicolo condominiale e questo determina l’impossibilità tecnica a procedersi con la perizia.
In questi casi, purtroppo molto frequenti, spetterà all’assemblea decidere di assumersi il rischio di deliberare la redazione ex novo delle tabelle anche senza unanimità, sperando che dalla relazione del tecnico emerga chiaramente un precedente errore o la necessaria modificazione per alterazione per più di un quinto del valore anche di una sola unità, senza per questo evitare in assoluto il richio che un Giudice dichiari comunque nulla la delibera per mancanza di unanimità dei consensi“.