SOLIDARIETA’ TRA ACQUIRENTE E COMPRATORE

L’argomento in oggetto prende spunto dalla decisione della Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 7395 del 22 marzo 2017, con la quale è stato chiarito l’ambito di applicazione e di funzionamento del vincolo di solidarietà tra venditore e acquirente nel pagamento degli oneri/spese condominiali. L’analisi di detta sentenza porta, per completezza espositiva, a rivisitare l’intero istituto giuridico disciplinato dal novellato art. 63 post riforma del condominio.

Ambito di applicazione: la norma di riferimento è l’art. 63 comma 4, disp. att. c.c., ai sensi del quale “…chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente…”.

La responsabilità solidale dell’acquirente è disciplinata proprio dal suddetto art. 63 disp. att. c.c. e non già dall’art. 1104 c.c. perché, ai sensi dell’art. 1139 c.c., la disciplina dettata in tema di comunione si applica anche al condominio solamente in mancanza di norme che specificamente regolano una determinata fattispecie (Cass. 2979/2012). In altri termini però, come ha sottolineato una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 10235/2013) l’art. 63 disp. att. c.c. costituisce, per certi aspetti, un’applicazione specifica dell’art. 1104 c.c., con la previsione della limitazione in base alla quale l’obbligazione del cessionario/acquirente, caratterizzata dal vincolo di solidarietà con quella del condomino cedente/venditore, investe soltanto i contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Periodo di riferimento della solidarietà: gli anni cui fa riferimento l’art. 63 disp. att. c.c. “…anno in corso e quello precedente…” devono essere intesi con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, non necessariamente però coincidente con il c.d. anno solare 01/01 – 31/12 (Cass. 7395/2017 – Trib. Bolzano 10 giugno 1999; Trib. Milano 8 luglio 1971).

Quindi il vincolo di solidarietà tra acquirente e venditore funziona con riferimento all’anno dell’esercizio contabile del condominio di riferimento. Pertanto i debiti vecchi oltre i due anni antecedenti alla data di trasferimento dell’immobile, anche se riportati a “nuovo” negli esercizi successivi, non potranno essere imputati all’acquirente cosi come ha precisato il Tribunale di Milano secondo il quale l’approvazione del c.d. “saldo esercizi precedenti” (vale a dire, della “posta” inserita nell’ultimo bilancio per rappresentare il debito relativo ad una o più annualità antecedenti a quella oggetto di “rendiconto”) non determina uno “spostamento” temporale del debito, che va sempre riferito all’annualità di specifica competenza. In realtà, si tratta di “un mero riepilogo contabile” (Trib. Milano 23 gennaio 2003). Si precisa che il termine per calcolare il periodo di cui alla norma il termine iniziale è quello della data dell’atto di trasferimento (atto notarile – decreto di trasferimento – sentenza di trasferimento).

I soggetti coinvolti nella solidarietà: obbligato in via principale è il pieno proprietario dell’unità immobiliare che acquisisce, così, la qualità di condomino. Ma per essere obbligati ai contributi condominiali non è necessario divenire titolari del diritto di proprietà sull’immobile nella sua interezza, infatti anche il titolare di un diritto reale “minore” potrebbe trovarsi soggetto al pagamento dei contributi/oneri condominiali. In effetti le spese condominiali incombono, salvo quelle straordinarie, sull’usufruttuario o sul titolare del diritto di abitazione, anche se trattasi di diritti reali limitati rispetto al diritto di proprietà, ma pur sempre suscettibili di espropriazione (art. 1010 c.c.) e, quindi, di vendita/trasferimento e/o all’asta in sede giudiziale. Come da consolidato orientamento giurisprudenziale, il meccanismo del subentro dell’acquirente negli oneri/debiti condominiali del venditore, opera unicamente nel rapporto tra il Condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà della unità immobiliare facente parte del condomino, e non anche nel rapporto interno tra venditore ed acquirente. In tale ultimo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto tra le parti, è invece operante il principio generale della personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino e se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore.

La sentenza in commento (Cass. 2265/2017) ha applicato l’art. 63 disp. att. c.c. ante legge di riforma del 2012, e quindi occorre coordinare il vincolo di solidarietà sopra esaminato con quanto stabilito dal nuovo art. 63 comma 5 disp. att. c.c. in base al quale “…chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto…”. Quindi anche dopo la sottoscrizione dell’atto di trasferimento il venditore/cedente rimane unico obbligato per il pagamento dei contributi condominiali, sino a quando non trasmette all’amministratore copia autentica dell’atto di trasferimento (o sua certificazione), e solo da questo momento il venditore/cedente perde definitivamente lo status di condomino, che passa in capo all’acquirente, e può trovare applicazione la “solidarietà passiva” prevista dal comma precedente. In altri termini, il trasferimento di detto status in capo all’acquirente si verifica non immediatamente e per effetto della vicenda traslativa, ma unicamente come conseguenza della trasmissione all’amministratore della copia autentica dell’atto di trasferimento. Si tratta peraltro di una disposizione da porre in collegamento con il gruppo di norme riformate che disciplinano ora in modo preciso gli obblighi di informativa e di reperimento, aggiornamento e conservazione dei dati in capo all’amministratore; il riferimento è all’art. 1130, n. 6, c.c., il quale prevede che ogni variazione dei dati contenuti nel nuovo registro dell’anagrafe condominiale debba essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni dal suo verificarsi (art. 1130 registro dell’anagrafe condominiale).

In conclusione alla luce di quanto sopra esposto, tornando alla domanda principale (Cass. 24654/2010 e Cass. ord. 702/15) in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio l’acquirente sarà tenuto al pagamento:

  1. a) dei contributi condominiali attinenti le opere di manutenzione ordinaria materialmente eseguite nell’anno in cui si è perfezionato l’acquisto ed in quello precedente;

b) dei contributi condominiali attinenti le opere straordinarie ovvero le innovazioni se deliberate dall’assemblea nell’anno in cui si è perfezionato l’acquisto o in quello precedente. Pertanto, anche qualora l’approvazione della delibera di esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione, efficace e definitiva per tutti i condomini, sopravvenga soltanto successivamente alla stipula della vendita, l’obbligo del pagamento delle relative quote condominiali incombe sull’acquirente, non rilevando l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipulazione dell’atto.

IMPUGNATIVA DI DELIBERA ASSEMBLEARE SUCCESSIVAMENTE SANATA

La delibera assembleare avente a oggetto la nomina di un nuovo amministratore del condominio può essere impugnata dai condomini/proprietari di unità immobiliari poste all’interno del condominio stesso. L’amministratore uscente non può impugnare la stessa delibera condominiale, in quanto carente di legittimazione attiva, atteso che l’unico oggetto sia la nomina di un nuovo amministratore ed essendo legittimati i soli condomini e non altri. Quanto detto vale per tutte le delibere condominiali

Secondo la giurisprudenza di legittimità, devono qualificarsi “nulle” le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini. Devono, altresì, intendersi “annullabili” le delibere con vizi, tra gli altri, relativi alla partecipazione degli aventi diritto, alla regolare costituzione dell’assemblea o ai quorum deliberativi.

Nel giudizio instaurato dai condòmini ed avente ad oggetto l’annullamento della delibera assembleare per mancata convocazione degli stessi ai sensi dell’art. 66 disp. att. C.c., il Giudice dichiara cessata la materia del contendere allorquando tra le parti (cioè tra i condomini ed il condominio) sarà sostituito il deliberato assembleare impugnato da un successivo deliberato assembleare, ratificante ed integralmente sostitutivo del precedente. Nel caso precedente così sarà se nel frattempo venga accettato un nuovo amministratore, munito di valido preventivo del compenso.

Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell’art. 2377 c.c. – dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio – la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in modo conforme alla legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, comporta la cessazione della materia del contendere (Cfr. Cass. 28 giugno 2004 n. 11961).

La Corte di Cassazione, 21742/2013, inoltre, sostiene che “la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all’assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva “ex lege” ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione”.

Una volta accertato il venir meno del contrasto tra i condomini impugnanti ed il condominio, il Giudice di merito sarà chiamato a pronunziarsi in merito alle spese legali, atteso che “il Giudice che dichiara cessata la materia del contendere, dovrà, comunque, pronunciarsi sulle spese secondo il cosiddetto principio della soccombenza virtuale, laddove tale soccombenza dovrà essere individuata in base ad una ricognizione della “normale” probabilità di accoglimento della pretesa della parte su criteri di verosimiglianza o su indagine sommaria di delibazione del merito. Con l’ulteriore precisazione, evidenziata anche dalla sentenza impugnata, che la delibazione in ordine alle spese può condurre non soltanto alla condanna del soccombente virtuale, bensì anche ad una compensazione, se ricorrono i presupposti di legge.”(Cass. sentenza 24234/2016).

In tal senso si è pronunciato, di recente, anche il Tribunale di Napoli Nord. 2110/2017, dichiarando cessata la materia del contendere tra gli attori ed il condominio, in persona dell’amministratore, compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

RAPPORTO AMMINISTRATORE PROPRIETARIO/CONDUTTORE

Il rapporto tra condominio – nella persona dell’amministratore – proprietario e inquilino o conduttore è spesso oggetto di interpretazioni distorte circa gli oneri accessori condominiali.

Secondo l’art. 9 della legge n. 392/1978, salvo patto contrario da citarsi nel contratto di locazione, sono interamente a carico del conduttore le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché le spese relative ai servizi comuni come, a titolo non esaustivo, il giardinaggio o le piccole manutenzioni ordinarie. A queste spese si aggiungono quelle per il servizio di portineria che il conduttore sostiene nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore.

Restano a carico del proprietario tutte le altre spese, comprese quelle di amministrazione come quelle postali, di assicurazione, del compenso dell’amministratore, di tenuta conto corrente postale o bancario e quelle straordinarie.

Si tratta di una previsione normativa nel suo complesso derogabile dalla volontà delle parti con apposito accordo che, in ogni caso, non può prevedere più del 90 per cento delle spese di portineria a carico del conduttore.

Nei confronti dell’amministrazione condominiale, tuttavia, l’unico obbligato a pagare resta il proprietario (o usufruttuario) il quale, in ragione della previsione normativa o delle più stringenti regole convenzionali, esercita a carico del conduttore un’azione di addebito e quest’ultimo è tenuto a pagargli l’ammontare degli oneri accessori entro due mesi dalla richiesta.

E’ da ritenersi assolutamente illegittima la pretesa avanzata dal proprietario nei confronti dell’amministratore di condominio perché si adoperi direttamente nei confronti del conduttore per il recupero delle quote condominiali. Infatti non spetta all’amministratore svolgere alcuna funzione di amministrazione del patrimonio immobiliare del singolo proprietario esclusivo se non in ragione di un apposito mandato professionale ad hoc distinto dalla gestione condominiale e comunque con amministrazione in atti separati da quelli della contabilità condominiale. Inoltre, il conduttore può risultare contrattualmente obbligato ad effettuare dei versamenti in acconto sugli oneri accessori giammai in ragione del bilancio preventivo approvato dall’assemblea ma esclusivamente in forza di una apposita e puntuale previsione del contratto di locazione che faccia salvi i conguagli. L’amministrazione condominiale, in ogni caso, non è mai legittimata a chiedere al conduttore versamenti di sorta, pena la responsabilità penale dell’amministratore per infondatezza della pretesa.

E’, dunque, scorretta la pretesa del proprietario affinché l’amministratore recuperi le quote condominiali direttamente dal conduttore come ogni richiesta dell’amministratore in tal senso.

Per concludere, sarebbe auspicabile che alla gestione del rapporto proprietà/conduttore vi provvedano essi stessi direttamente e senza alcuna intermediazione dell’amministratore il quale, facendo comparire il nome del conduttore come moroso agli atti della contabilità condominiale rischierebbe anche una precisa responsabilità penale in termini di diffamazione stante l’impossibilità giuridica del conduttore ad essere qualificato come moroso nei confronti dell’amministrazione condominiale.

AGGIORNAMENTO ANAGRAFE E PRIVACY

La tenuta e l’aggiornamento del registro di anagrafe condominiale previsto dall’articolo 1130 n. 6 codice civile rientra tra i doveri dell’amministratore la cui osservanza gli consente di svolgere di una corretta ed agevole gestione (si pensi alla convocazione di assemblea o alla richiesta dei contributi condominiali).

L’articolo 1130 comma 6 citato, indica i dati che gli occupanti delle unità immobiliari devono fornire all’amministratore al fine di conoscere il titolo in base al quale occupano l’immobile, ovvero le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e dei diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio; i dati catastali di ciascuna unità immobiliare.

Il Codice in materia di protezione dei dati personali (ex art. 11 d.lgs. 196/2003), inoltre, precisa che l’amministratore potrà trattare solo le informazioni personali, pertinenti e necessarie alla attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni e dei singoli partecipanti della collettività condominiale e , sempre in riferimento al Codice della privacy, in virtù dell’art 24 comma 1, lett. a,b,c, l’amministratore potrà acquisire anche informazioni dei soggetti che non rientrano direttamente la compagine condominiale (come ad esempio i conduttori/inquilini).

Con la newsletter n. 387 del 23 aprile 2014 il Garante della Privacy ha individuato i documenti che l’amministratore può richiedere ai fini dell’aggiornamento del registro di anagrafe, stabilendo che il condòmino non è tenuto a fornire le prove documentali delle informazioni rese all’amministratore.

Così in caso di compravendita, una corretta applicazione della normativa condominiale è possibile, per esempio, consegnando all’amministratore la dichiarazione di avvenuta stipula di un contratto di compravendita rilasciata dal notaio rogante purché provvista di tutte le indicazioni utili per l’amministratore.

Come ha precisato di recente il Garante Privacy (Newsletter n. 434 del 30 ottobre 2017) tale alternativa « ha pari valore in termini di autenticità e certezza rispetto alla trasmissione della copia autentica dell’atto che determina il trasferimento da parte dell’interessato».

Decisione che, però, non collima con l’art. 63, ultimo comma, Disposizioni di attuazione del codice civile che esonera il venditore di un immobile dalla responsabilità solidale con l’acquirente nel pagamento dei contributi successivi alla vendita, dal momento in cui trasmette all’amministratore “copia autentica” del titolo che determina il trasferimento del diritto.

Ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale si è posto, poi, in capo al locatore, non solo l’obbligo – già previsto – di provvedere alla registrazione del contratto nel termine perentorio di trenta giorni ma anche l’obbligo di darne documentata comunicazione nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all’amministratore del condominio (articolo 1 comma 59 della legge n. 208/2016 che ha modificato l’articolo 13 della legge n. 431/1998).

Le informazioni in possesso dell’amministratore possono essere eccezionalmente oggetto di richiesta da parte di terzi esterni (che ovviamente non sono i condomini), ad es. il Comune.

Il decreto legislativo n. 23 del 2011 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, e successive modifiche e integrazioni) articolo 3, comma 10-bis, prevede che «per assicurare il contrasto dell’evasione fiscale nel settore delle locazioni abitative e l’attuazione di quanto disposto dai commi 8 e 9 (Norme relative alla verifica dell’esistenza di contratti di locazione non registrati e relative conseguenze) sono attribuite ai comuni, in relazione ai contratti di locazione, funzioni di monitoraggio anche previo utilizzo di quanto previsto dall’articolo 1130, primo comma, numero 6, del codice civile in materia di registro di anagrafe condominiale e conseguenti annotazioni delle locazioni esistenti in ambito di edifici condominiali».

La finalità collaborativa non esclude tuttavia che sussistano dei limiti alle informazioni in possesso dell’amministratore che possano essere messe a diposizione, il quale si potrà limitare ad es. a fornire gli estremi della registrazione del contratto.

Tuttavia in caso di omessa o insufficiente informazione non è prevista alcuna sanzione.

L’obbligo di tenuta del registro è, invece, sanzionato nei rapporti interni con i condomini, ai quali è concessa la possibilità di chiedere la revoca dell’amministratore per grave inadempimento (art. 1129, dodicesimo comma, n. 6 c.c.) potendo, infatti, quest’ultimo acquisire le informazioni necessarie addebitandone il costo ai condomini che si sono resi responsabili per omessa informazione.