La legge 220/2012 di riforma del condominio, che prevede di sospendere i servizi di acqua e di riscaldamento, viene applicata in maniera difforme rispetto alle aspettative

Può l’amministratore sospendere i servizi comuni indispensabili se un condomino risulta moroso nei pagamenti? Sì, se la mora nel pagamento dei contributi si protrae per più di sei mesi.
Lo stabilisce l’articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ.,dopo la riforma che è stata introdotta dalla legge 220 dell’11 dicembre 2012, secondo il quale l’amministratore di condominio può sospendere la fruizione dei servizi comuni al condomino che risulta moroso da più di 6 mesi nei pagamenti.

La Sentenza

Questa nuova disposizione è stata considerata, almeno dai primi interpreti, come uno strumento messo a disposizione dell’amministratore per scoraggiare la morosità dei propri condomini attraverso la sospensione dei servizi comuni indispensabili, come ad esempio la fornitura dell’acqua e il riscaldamento.
Ovviamente bisogna sempre tenere conto del fatto che questa sentenza, così come l’ordinanza che viene emessa dal giudice nell’ambito di un procedimento giudiziario, mantiene soltanto uno stretto riferimento al caso specifico oggetto della controversia anche se applica un principio di carattere generale. Ed è proprio per questo motivo che le decisioni apparentemente difformi relative a problematiche con le quali risultano essere fortemente in contrasto, trovano la propria (valida) legittimità. Nella fattispecie, tutto dipende dalle specifiche vicende da cui queste controversie sono nate, e in teoria non hanno costituito, almeno finora, applicazioni contrastanti della stessa norma come invece potrebbe sembrare da una loro lettura superficiale.
Per quanto riguarda invece la sospensione dei servizi ai sensi dell’articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., va rilevato che al momento le prime applicazioni non si presentano in maniera univoca, come d’altronde si può desumere dall’esame delle decisioni.

Attenti alle sanzioni penali

La problematica della sospensione dei servizi ai sensi dell’articolo 63, comma 3, disp. att. cod. civ., può anche avere delle implicazioni di carattere penale alle quali bisogna prestare la massima attenzione.
Infatti con la sentenza n. 47276 del 5 novembre 2015, la Cassazione penale ha confermato la condanna della Corte di appello che precedentemente aveva dichiarato la responsabilità per il reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni sanzionato dall’articolo 392 cod. pen. a carico di colui che, nella sua qualità di gestore di un residence, disattiva la derivazione della corrente elettrica verso l’unità abitativa di un condomino moroso nel pagamento di utenze condominiali”.
Però, secondo la Suprema Corte l’imputato, anche se legalmente non è il rappresentante della società che amministra il condominio, deve lo stesso essere considerato come il gestore di quest’ultimo nel momento in cui questi agisce in maniera costante per conto della suddetta società e si premura direttamente di pagare le spese condominiali e le utenze elettriche.

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