Modifica regolamento contrattuale

Le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 2, c.c.  (Cass. Civ. 943/1999).

La Corte di Cassazione, con sentenza del 15 giugno 2012, n. 9877, ricorda che nei regolamenti condominiali contrattuali sono contrattuali (e, quindi, modificabili solo con il consenso di tutti i proprietari) solo quelle clausole che incidono sui diritti reali individuali o dei comunisti, mentre le altre clausole, anche se contenute nei regolamenti contrattuali, sono da considerarsi semplici clausole che regolano l’uso dei beni comuni e possono, pertanto, essere modificate con delibere adottate a maggioranza.
Di conseguenza, se la clausola del regolamento che vieta il parcheggio nel cortile (o che vieta un qualsiasi uso del cortile) è meramente regolamentare, questa può essere modificata con una delibera dell’assemblea approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 5, c.c. (non essendo richiesta l’unanimità dei consensi) .

Modifica dei criteri legali di riparto delle spese e diritti soggettivi dei condomini: nullità della deliberazione condominiale non assunta all’unanimità.  (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 15042 del 14 giugno 2013)

In materia condominiale deve ritenersi affetta da nullità, che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ancorché abbia nella stessa espresso voto favorevole, e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall’art. 1137 c.c., la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali ex art. 1123 c.c. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell’interesse comune.

Ciò, in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono esser fatte valere soltanto da una convenzione cui egli aderisca.

Ne consegue che la modifica a maggioranza, sia pure qualificata, del criterio di ripartizione delle spese, e non all’unanimità, si deve considerare nulla e l’azione può essere proposta in ogni tempo anche da chi abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera nulla.

Nei regolamenti contrattuali dobbiamo distinguere i patti regolamentari, in quanto chiariscono o riproducono le norme di legge sul condominio e sono finalizzati a regolare l’uso delle cose comuni,  dai patti che contengono oneri reali circa l’uso e la destinazione delle proprietà esclusive, o riserve di proprietà o particolari diritti al venditore o ad alcuni condomini, limitazioni a carico dei singoli condomini o patti che comunque  vanno ad incidere sui diritti di proprietà o di uso dei singoli condomini.

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