Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio!

Stop agli abusi dell’area destinata a parcheggio: il comproprietario di un’area di parcheggio che blocca l’accesso o l’uscita alle altre automobili commette una «molestia possessoria», anche se questi lascia sempre le chiavi nel cruscotto per consentire agli altri di spostare tranquillamente la sua macchina. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10624/2016 , respingendo il ricorso di una condòmina che, da più di un anno, era solita lasciare la sua macchina parcheggiata in modo da impedire le manovre ad un’altra comproprietaria che precedentemente aveva costruito nell’area comune una tettoia sotto la quale lasciava l’auto.

Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio: Il caso

Inizialmente, la signora che era solita abusare dello spazio destinato al parcheggio, aveva avuto partita vinta. Infatti, il Tribunale aveva respinto la richiesta di una delle due contendenti di “essere reintegrata nel possesso dei due posti auto sotto la pensilina“, ritenendo “non provato il possesso esclusivo dello spazio posto nell’area comune“. Per la Corte d’Appello, invece, il punto centrale non era tanto il possesso dei posti sotto la tettoia, bensì il parcheggio “selvaggio” che impediva le manovre a chiunque volesse parcheggiare la propria auto sotto la tettoia, e dello stesso avviso sono stati i giudici della Cassazione. Nella fattispecie, secondo i giudici della seconda sezione “la molestia possessoria era nell’impedire l’entrata e l’uscita da parte degli altri comproprietari. L’aver disposto la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione del possesso rientra – sottolinea la Suprema corte – nell’esercizio del potere di interpretazione della domanda che spetta al giudice. La mera turbativa costituisce, infatti, un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione del possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso”. I giudici ricordano che in base all’articolo 1102, comma 2 il partecipante alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri. Il comune possesso trova dunque una tutela contro tutte le attività con le quali “uno dei compossessori comproprietari, introduca una modificazione che sopprima o turbi il compossesso degli altri”. Invece, è del tutto ininfluente la giustificazione della signora di lasciare le chiavi nel cruscotto.

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