CORNICIONE BALCONATO

Interpretazioni giurisprudenziali

Il lastrico in proprietà esclusiva vero e proprio segue la regola di 1/3 e 2/3 mentre il cornicione sporgente, facente parte del decoro architettonico dell’edificio, è a carico di tutto il condominio in base ai millesimi.
Il cornicione del lastrico solare, alla stregua del parapetto, viene considerato quale prolungamento dei muri perimetrali dell’’edificio, prolungamento che, pur garantendo protezione al lastrico solare di uso esclusivo, vale a completare strutturalmente lo stabile, contribuendo a definirne le linee architettoniche. Le spese ad esso relative, quindi andranno ripartite tra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà.

La sovrastante ringhiera, che assolve una funzione protettiva, è invece esclusa dalla proprietà condominiale.

Antincendio in condominio, nuove regole dal 6 maggio 2019

Misure di prevenzione degli incendi commisurate all’altezza degli edifici. Sono le novità contenute nel DM 25 gennaio 2019, che aggiorna il DM 246/1987 sulla sicurezza antincendio nelle abitazioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Le nuove regole entreranno in vigore il 6 maggio 2019, cioè 90 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta, e dovranno essere da subito applicate nei nuovi edifici. Gli edifici esistenti dovranno adeguare entro un anno, quindi entro il 6 maggio 2020, le misure gestionali, come ad esempio la dotazione di estintori e altri dispositivi antincendio. Sono invece concessi due anni di tempo, quindi fino al 6 maggio 2021, per l’adeguamento all’obbligo di installazione degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza. Si tratta di regole che non sono obbligatorie in tutti i condomìni, ma solo in quelli più alti.

Antincendio, le nuove regole per i condomìni

La norma individua quattro livelli di prestazione antincendio in base all’altezza antincendi dell’edificio:
– livelli di prestazione . 0 per gli edifici di altezza antincendi da 12 metri a 24 metri;
– livelli di prestazione .1 per gli edifici di altezza antincendi da 24 metri a 54 metri;
– livelli di prestazione . 2 per gli edifici di altezza antincendi da oltre 54 metri fino a 80 metri;
– livelli di prestazione . 3 per gli edifici di altezza antincendi oltre 80 metri.
Per ogni gruppo sono indicati i compiti e le funzioni del responsabile dell’attività antincendio e degli occupanti. Al crescere dell’altezza antincendi, il decreto introduce via via misure preventive e attività di pianificazione dell’emergenza. Negli edifici di altezza antincendi superiore a 80 metri o con più di mille occupanti scatta inoltre l’obbligo di nominare un coordinatore per la gestione dell’emergenza.
Ricordiamo che per “altezza antincendi” negli edifici civili non si intende l’altezza di gronda, ma l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso.

Antincendio, dal 2 gennaio 2019 in vigore la regola tecnica per il commerciale

Sono interessate le strutture che superano i 400 metri quadri. Le misure di sicurezza varieranno in base alle dimensioni

Dal 2 gennaio 2019 sarà in vigore la nuova regola tecnica verticale per la prevenzione degli incendi nelle attività commerciali con superficie lorda superiore a 400 metri quadri. E’ stato pubblicato, infatti, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 23 novembre 2018 con la regola tecnica verticale sulle attività commerciali che si aggiunge alle regole tecniche verticali già presenti nel DM 3 agosto 2015. Infatti, le attività commerciali saranno classificate in base alla loro dimensione calcolata in metri quadri e al numero di piani di cui si compone l’edificio. Nel computo della superficie lorda utile, oltre alle aree destinate alla vendita devono essere considerate quelle utilizzare per servizi, depositi e spazi comuni coperti direttamente funzionali all’attività commerciale.

Potranno invece essere omesse le quote dei piani dei percorsi di collegamento dell’attività commerciale con altre attività, ad esempio autorimesse o locali di pubblico spettacolo.

In base alle dimensioni varieranno le misure di sicurezza di cui dotarsi. In generale, dai 1500 metri quadri le misure diventeranno più severe.

Nelle regole viene anche chiesto di valutare la presenza di aree a rischio, dove ad esempio si effettuano lavorazioni pericolose o destinate alla ricarica di accumulatori elettrici di trazione (muletti). Tra i fattori a rischio ci sono anche i piani interrati.

Sempre in base alle dimensioni e al numero dei piani, dovranno essere rispettate le prescrizioni per la reazione e la resistenza al fuoco dei materiali. Sulla base di questi elementi e della densità di affollamento attesa, bisognerà poi progettare l’esodo in caso di incendio.

Le attività commerciali dovranno inoltre dotarsi di sistemi di controllo degli incendi, scegliendo ad esempio gli estintori in base agli effetti attesi sugli utenti che frequentano le strutture, di sistemi di allarme e per la rilevazione dei fumi. Si dovranno adottare particolari accorgimenti di sicurezza degli impianti tecnologici.

Regole tecniche verticali: cosa sono

Le regole tecniche verticali servono a caratterizzare meglio una specifica attività fornendo ulteriori indicazioni rispetto a quelle già previste dal Codice Prevenzione Incendi. L’applicazione delle regole tecniche verticali presuppone l’applicazione dell’intero Codice di prevenzione incendi, del quale sono parte integrante.
Differiscono dalla regola tecnica orizzontale che uniforma i diversi aspetti della progettazione antincendio, definendo criteri operativi e progettuali validi per più attività.

Il Codice di prevenzione degli incendi

Ricordiamo che il Codice si applica alla progettazione, realizzazione ed esercizio di attività industriali e produttive come officine meccaniche, stabilimenti per la lavorazione di alimenti, di carta e cartone, per la produzione di arredamento e abbigliamento, di prodotti in gomma, plastica e metalli, stabilimenti di produzione di laterizi, cementifici, centri informatici di elaborazione e archiviazione dati, depositi di combustibili, ecc.

In totale si tratta di 34 delle 80 attività comprese nell’elenco allegato al Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi (Dpr 151/2011). Sono esclusi edifici di civile abitazione, strutture sanitarie, alberghi ecc. Il Codice si applica sia alle attività di nuova realizzazione che a quelle esistenti.
In generale, il Codice ha introdotto norme più elastiche, consentendo ai professionisti di scegliere tra soluzioni prescrittive, soluzioni alternative e il procedimento di deroga.
Ricordiamo che la soluzione prescrittiva è una soluzione progettuale di immediata applicazione nei casi specifici, che garantisce il raggiungimento del relativo livello di prestazione e non richiedono ulteriori valutazioni tecniche.
Nelle soluzioni alternative il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendi ammessi.
In quelle in deroga invece il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio ammessi.

Istituzione Registro Telematico Amministratori Professionisti

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Come anticipato nei giorni scorsi, si è svolta ieri a Roma presso il Ministero della Giustizia una importante riunione tra il sottosegretario alla Giustizia on. Jacopo Morrone ed i Presidenti di tutte le Associazioni di Amministratori di Condominio e della proprietà edilizia.​
L’On. Morrone si è impegnato davanti a noi tutti, rappresentanti delle varie sigle associative, a sistemare il settore degli Amministratori riordinando la professione dell’Amministratore condominiale, attraverso modifiche e necessari aggiornamenti da apportare alla legge 220/2012, venendo così incontro alle nostre richieste.
Non solo, ma si è anche discusso di dare la priorità alla istituzione di un Registro telematico degli amministratori professionisti, che dovrà costituire un vero e proprio riconoscimento della attività professionale e non un semplice onere burocratico. Verrà perciò attivata a questo scopo una piattaforma funzionale che possa costituire non soltanto una garanzia per gli utenti-condomini, ma anche una legittimazione del ruolo istituzionale che verrà attribuito alla attività dell’amministratore professionista. I nominativi degli Amministratori, con le relative referenze, saranno forniti dalle Associazioni di appartenenza. Altri incontri sono previsti prima delle ferie estive e su questi Vi terrò aggiornati.

Bonus ristrutturazioni anche senza comunicazione ENEA

Bonus ristrutturazioni anche in caso di omessa comunicazione ENEA. A confermare che non si perde il diritto alla detrazione del 50% è l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019.

Non si perde il bonus ristrutturazioni in caso di omessa comunicazione ENEA. A confermarlo è l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 46/Edel 18 aprile 2019.

Il mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione ENEA per i lavori di ristrutturazione edilizia che comportano anche un risparmio energetico non comporta la perdita del diritto a beneficiare della detrazione fiscale Irpef del 50% delle spese sostenute.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate arriva a seguito del parere espresso dal Ministero dello Sviluppo Economico, ed è quantomai importante ora che è partita la corsa alle detrazioni da inserire nel modello 730/2019.

Tra queste vi sono anche le spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2018 – anno in cui è partito (a rilento) l’obbligo di comunicazione all’ENEA, per le quali è possibile beneficiare del bonus del 50%.

Quello che tuttavia l’Agenzia delle Entrate specifica è che la comunicazione ENEA resta obbligatoria, seppur priva di conseguenze fiscali e sanzioni per il contribuente.

Bonus ristrutturazioni anche senza comunicazione ENEA

Gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano anche un risparmio energetico rientrano tra le spese per le quali a partire dal 1° gennaio 2018 si è esteso l’obbligo di comunicazione ENEA, già previsto per l’ecobonus, confermato anche per il 2019.

Un obbligo che tuttavia non comporta la perdita della detrazione nel caso di invio tardivo e addirittura omesso. Insomma, chi non manda la comunicazione non perde il diritto alla detrazione del 50%.

Lo conferma l’Agenzia delle Entrate, dopo il parere espresso dal MISE, nella risoluzione n. 46/E.

L’omessa comunicazione dei dati all’ENEA, adempimento introdotto al fine di consentire un monitoraggio delle spese e dei lavori volti al conseguimento di obiettivi di risparmio energetico, non ha rilevanza ai fini fiscali.

È questo l’aspetto principale della risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019, redatta a seguito dell’invio di chiarimenti da parte del Ministero dello Sviluppo Economico necessari per sciogliere tutti i dubbi in merito.

La trasmissione ENEA dei lavori di ristrutturazione edilizia che comportano un risparmio energetico, seppure obbligatoria per il contribuente, non determina nel caso di omesso invio la perdita del diritto alla detrazione Irpef del 50%. Non è prevista alcuna sanzione nel caso di mancata trasmissione.

Comunicazione ENEA lavori di ristrutturazione, omesso invio senza sanzioni

Non sono previste sanzioni nel caso di omesso invio della comunicazione ENEA che, si ricorda, è obbligatoria non per tutti i lavori di ristrutturazione ma soltanto per quelli che comportano un risparmio energetico (ci rientrano anche gli elettrodomestici).

Quello che l’Agenzia delle Entrate rimarca nella risoluzione 46/E è che tale circostanza non è contemplata tra quelle che comportano la revoca del diritto a beneficiare delle detrazioni fiscali.

In primis viene richiamato il decreto interministeriale n. 41 del 1998, il quale tra i casi di diniego della detrazione (art. 4) non comprende la mancata o tardiva comunicazione ENEA, disciplinata dall’articolo 16, comma 2-bis del decreto legge n. 63 del 2013.

Ecobonus più sismabonus, cessione del credito a maglie larghe

Cessione del credito anche per la detrazione corrispondente ad ecobonus più sismabonus, con le stesse regole e limiti previsti per ciascuno dei bonus presi singolarmente.

È con la risposta all’interpello n. 109 pubblicata il 18 aprile 2019 che l’Agenzia delle Entrate esprime il proprio giudizio favorevole alle richiesta di chiarimenti avanzata da una società intenzionata a cedere il credito acquisito da un condominio ai soci artigiani dell’impresa subappaltatrice.

Nel limite massimo di un solo ulteriore passaggio, per la detrazione sisma più ecobonus sarà possibile cedere il credito d’imposta corrispondente nel rispetto delle regole generali previste per ciascuna delle due agevolazioni prese singolarmente.

Ecobonus più sismabonus, via libera alla cessione del credito

A partire dal 2018, per i lavori che comportano un miglioramento del rischio sismico contestualmente al risparmio energetico, è possibile beneficiare di una detrazione pari all’80% o all’85%, entro il limite massimo di 136.00 euro di spesa per unità immobiliare.

Si tratta dell’agevolazione prevista dall’ecobonus + sismabonus, che consiste nel cumulo degli incentivi fiscali per i lavori effettuati in condominio e ricadenti in zone a rischio sismico 1, 2 e 3.

I chiarimenti sulla cessione del credito alle imprese, che consente ai contribuenti – anche incapienti – di ricevere l’importo della detrazione riconosciuta in un’unica soluzione, erano fino ad oggi stati forniti in relazione alle singole agevolazioni

L’amministratore che non riconsegna i documenti rischia l’appropriazione indebita

L’amministratore condominiale che non riconsegna i documenti e la cassa al termine del proprio incarico rischia di essere condannato per appropriazione indebita, e anche se la revoca del proprio mandato è avvenuta in maniera “irrituale”. A nulla rileva pertanto il fatto che l’assemblea nella quale si è deliberata la revoca era stata convocata senza il rispetto delle ordinarie modalità con le quali provvedervi: a detta dell’amministratore poi condannato, infatti, i soldi e i documenti erano stati trattenuti in regime di prorogatio della propria carica.

Di diverso accordo è invece la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 38660/2016 ha ricordato come la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea non può incidere sulla configurazione del delitto di appropriazione indebita.

Amministratore condominiale e cessazione incarico

Per poter comprendere in maggior livello di dettaglio come i giudici della Suprema Corte siano giunti a questa pronuncia, giova compiere un passo indietro e ricostruire pur brevemente la vicenda, proprio sulla base della sentenza ora accennata.

Il caso giunge infatti sulle scrivanie della Cassazione dopo che una sentenza della Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia del Tribunale di Palermo dell’anno prima, con la quale veniva riconosciuta la penale responsabilità di un amministratore condominiale reo di essersi appropriato, abusando della sua nomina, di tutti i libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso.

L’amministratore proponeva tuttavia ricorso per Cassazione, domandando l’annullamento della sentenza impugnata e sollevando a tal fine – tra gli altri che per questioni di brevità non si riportano – i seguenti principali motivi di gravame:

  • violazione degli artt. 646 cod. pen., 125 e 546 cod. pen. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che ai fini della configurazione del reato contestato è necessario che la restituzione della cosa posseduta venga rifiutata senza alcuna legittima ragione, da ravvisarsi invece nel caso di specie nell’irritualità della convocazione dell’assemblea condominiale che l’aveva revocato dalla carica di amministratore, sicché doveva ritenersi che lo stesso condominio era ancora amministrato dal ricorrente in regime di prorogatio imperii, tanto che lo stesso ricorrente aveva convocato una nuova assemblea;
  • – violazione degli artt. 125, 192, 533 e 546 cod. proc. pen. per non essere stato verificato dai giudici di merito, pur in assenza di una rigorosa analisi del bilancio condominiale, che la somma di euro 2.050,00, consegnata all’amministratore per il pagamento del compenso di un geometra, sia stata distratta per profitto del ricorrente e non impiegata, invece, per altri pagamenti effettuati per conto dell’ente dallo stesso amministrato, non corrispondendo al vero l’assunto della Corte secondo cui egli avrebbe abbandonato di fatto la gestione del condominio dal 2008.

Appropriazione indebita dell’amministratore

Dinanzi a ciò, la Cassazione ha considerato il ricorso inammissibile, con i motivi di impugnazione definiti come manifestamente infondati. Per quanto concerne, in particolar modo, il primo motivo di impugnazione (le azioni compiute in regime di prorogatio), esso è manifestamente privo di fondamento, “atteso che ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita non può ritenersi determinante la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore del condominio, convocazione alla quale, peraltro, lo stesso aveva risposto esternando comunque la volontà di dimettersi da tale carica, risultando evidenziato dalla sentenza che comunque (l’amministratore) non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, nemmeno a seguito della richiesta formulatagli con raccomandata speditagli dal legale del condominio”.

La Corte considera come inammissibile anche il secondo motivo di impugnazione, “dovendosi ritenere congruo e privo di vizi logici il percorso argomentativo della Corte territoriale secondo cui, risultando dimostrato che (l’amministratore) aveva ricevuto dai condomini, oltre alla somma per il compenso delle prestazioni del (geometra), anche l’ulteriore somma che il ricorrente avrebbe dovuto versare all’erario, per conto del condominio quale sostituto di imposta ed a titolo di ritenuta d’acconto, e non essendo stata versata tale somma all’Agenzia delle Entrate, invano lo stesso professionista, e poi anche altro condomino, si erano rivolti (all’amministratore) chiedendogli la ricevuta dell’avvenuto pagamento, così come invano i condomini gli avevano spedito una raccomandata con richiesta di convocare l’assemblea per dar conto della somma che avrebbe dovuto versare come ritenuta d’acconto. Si tratta di ricostruzione che senza vizi logici ha indotto i giudici di merito a riconoscere l’appropriazione delle somme e della documentazione da parte del ricorrente, sicché non può integrare vizio di legittimità la mera prospettazione, da parte di questo, di una diversa valutazione delle risultanze processuali con considerazioni ininfluenti in relazione al caso di specie, atteso che è evidente che la somma ricevuta non poteva essere l’unica ricevuta dal ricorrente per la gestione del condominio, che inevitabilmente disponeva anche di altre entrate per il pagamento delle utenze condominiali”.

Il mod. 770 per il condominio, modalità e termini di presentazione

Dal punto di vista tributario, il condominio si qualifica come sostituto d’imposta, con conseguenti adempimenti fiscali a carico del condominio stesso e dell’amministratore.

Il condominio, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto ai seguenti adempimenti fiscali:

› effettuare e versare con mod. F24 le ritenute sui compensi erogati;

› rilasciare le relative certificazioni;

› presentare la dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta con mod. 770.

L’obbligo di effettuare le ritenute scatta quando sono corrisposte somme soggette alle ritenute fiscali di legge, come ad esempio per:

› redditi di lavoro dipendente, quali i portieri, gli addetti alle pulizie ecc.;

› redditi di lavoro autonomo, quali l’amministratore del condominio o altri lavoratori autonomi e/o professionisti (anche per prestazioni occasionali) a favore del condominio;

› prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi effettuate dalle imprese.

Rientrano in tale ipotesi, a titolo esemplificativo, le prestazioni per interventi di manutenzione o ristrutturazione dell’edificio condominiale e degli impianti elettrici o idraulici, le prestazioni di pulizia; la manutenzione di caldaie, ascensori, giardini e altre parti comuni dell’edificio.

La ritenuta non deve invece essere operata sui corrispettivi da contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua, gas e altre utenze, nonché sui contratti di assicurazione, di trasporto e simili.

Non si applica nemmeno in caso di forniture di beni con posa in opera (se la posa in opera è accessoria rispetto alla cessione del bene).

Le ritenute devono essere versate mediante utilizzo del mod. F24 intestato al condominio, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui sono state operate.

Sono attualmente validi i seguenti codici tributo:

› 1001, per le ritenute sulle retribuzioni per lavoro dipendente;

› 1040, per le ritenute sui compensi di lavoro autonomo;

› 1019, per le ritenute 4% in relazione a percipienti soggetti passivi dell’IRPEF (per esempio ditte individuali);

› 1020, per le ritenute 4% in relazione a percipienti soggetti passivi dell’IRES (per esempio società di capitali).

Le ritenute alla fonte del 4% operate dal condominio sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto, opere e servizi effettuati nell’esercizio d’impresa devono essere versate periodicamente, quando il relativo ammontare raggiunge l’importo di € 500 (comma 2-bis all’art. 25- ter, D.P.R. 600/1973, aggiunto dalla legge 232 dell’11 dicembre 2016).

Il condominio, ove non sia raggiunto il predetto limite, è comunque tenuto al versamento delle ritenute entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno.

Annualmente il condominio deve poi rilasciare le certificazioni relative alle somme corrisposte nell’anno precedente e assoggettate a ritenuta.

Le certificazioni devono contenere i dati del percipiente e il dettaglio delle somme erogate, della relativa causale e delle ritenute operate.

Il modello CU 2019, relativa al 2018, riguarda:

› redditi da lavoro dipendente e assimilati; › redditi da lavoro autonomo;

› provvigioni (anche occasionali o da vendita a domicilio assoggettate a ritenuta) e redditi diversi;

› indennità per cessazione di rapporti di agenzia o di funzioni notarili o dell’attività sportiva di natura autonoma;

› tutte le relative ritenute d’acconto e detrazioni effettuate.

Le certificazioni uniche devono essere:

  1. trasmesse in via telematica all’Agenzia delle entrate entro il 7 marzo dell’anno successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte;
  2. consegnate agli interessati entro il 31 marzo. L’omesso versamento delle ritenute comporta una sanzione pari al 30% dell’importo non versato (salvo la possibilità di regolarizzazione, entro i termini, mediante “ravvedimento operoso” e salve le riduzioni della sanzione in caso di definizione immediata a seguito della eventuale ricezione di avviso dall’Agenzia delle entrate).

Il mod. 770 deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta per comunicare in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate, i relativi versamenti e le eventuali compensazioni effettuate nonché il riepilogo dei crediti, nonché gli altri dati contributivi ed assicurativi richiesti.

Deve essere, inoltre, utilizzato dagli intermediari e dagli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti, tenuti a comunicare i dati relativi alle ritenute operate su dividendi, proventi da partecipazione, redditi di capitale erogati od operazioni di natura finanziaria effettuate nello stesso periodo, i relativi versamenti e le eventuali compensazioni operate e i crediti d’imposta utilizzati.

Modalità di presentazione

La dichiarazione mod. 770/2019 deve essere presentata esclusivamente per via telematica, e può essere trasmessa:

  1. direttamente;
  2. tramite intermediari abilitati.

Qualora il condominio predisponga la propria dichiarazione 770/2019 e decida di trasmetterla direttamente, senza avvalersi di un intermediario abilitato, deve obbligatoriamente utilizzare i servizi telematici Entratel o Fisconline in base ai requisiti posseduti per il conseguimenti dell’abilitazione.

Per le modalità di abilitazione è necessario visionare l’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it)

Ogni condominio, in quanto sostituto d’imposta, deve ottenere la propria autorizzazione al servizio telematico su richiesta del proprio amministratore.

Se l’amministratore è un soggetto che esercita abitualmente l’attività di consulenza fiscale, può utilizzare l’abilitazione al servizio telematico Entratel in qualità di intermediario ed effettuare la trasmissione telematica delle dichiarazioni riguardanti i condomini amministrati. Il servizio telematico restituisce immediatamente dopo l’invio, un messaggio che conferma solo l’avvenuta trasmissione del file e, in seguito, fornisce all’utente un’altra comunicazione attestante l’esito dell’elaborazione effettuata sui dati pervenuti, che, in assenza di errori, conferma l’avvenuta presentazione della dichiarazione.

Soltanto quest’ultima comunicazione costituisce la prova dell’avvenuta presentazione della dichiarazione.

Termini di presentazione

La trasmissione telematica del mod. 770/2019 deve essere effettuata direttamente o tramite intermediario abilitato entro il 31 ottobre 2019.

Il mod. 770/2019 La dichiarazione mod. 770 deve essere sottoscritto dall’amministratore in carica al momento in cui si presenta la relativa dichiarazione oppure può essere presentata, in mancanza, da un condomino a ciò delegato.

Tipo di dichiarazione

  1. Dichiarazione correttiva nei termini secondo livello

Nell’ipotesi in cui il sostituto d’imposta intenda, prima della scadenza del termine di presentazione, rettificare o integrare un mod. 770/2019 semplificato od ordinario precedentemente presentato, deve compilare una nuova dichiarazione, completa di tutte le sue parti, barrando la casella “Correttiva nei termini”.

  1. Dichiarazione integrativa secondo livello Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il sostituto d’imposta può rettificare o integrare la stessa presentando una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, barrando la casella “Dichiarazione integrativa”. Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria.

In proposito si precisa che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni.

In particolare, il sostituto d’imposta può integrare la dichiarazione:

› nell’ipotesi di ravvedimento prevista dall’art. 13, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 472/1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo.

Tale dichiarazione può essere presentata sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche e consente l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta, oltre alla corresponsione degli interessi dovuti per legge;

› nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 8 del D.P.R. 322/1998, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni cui consegua un maggior debito d’imposta e fatta salva l’applicazione delle sanzioni ferma restando l’applicazione dell’art. 13 del D.Lgs. 472/1997;

› nell’ipotesi prevista dal modificato art. 2, comma 8-bis del D.P.R. 322/1998, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior debito d’imposta o di un minor credito.

In tal caso l’eventuale credito risultante da tale dichiarazione può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. 241/1997, per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.

Le spese di automatizzazione del cancello non si dividono in parti uguali

La sostituzione del cancello meccanico con un altro automatizzato non è una “innovazione”, ma una “modifica” della parte comune. Inoltre, la ripartizione della spesa tra i condòmini non può essere deliberata dall’assemblea in deroga ai criteri millesimali o a quanto stabilito dall’articolo 1123 codice civile. È quanto ha precisato il Tribunale di Palermo con la Sentenza pubblicata in data 26 marzo 2016 .

Il caso

L’assemblea dei condòmini di un Condominio ha deliberato la sostituzione di un cancello con uno meccanizzato, volto a consentire l’accesso in una area comune adibita a parcheggio.

La deliberazione, adottata con una maggioranza inferiore ai cinquecento millesimi, ha previsto la ripartizione del costo previa adozione di un criterio convenzionale. In particolare, si è deciso di ripartire il costo dell’automatizzazione in parti uguali in capo ai soli titolari dei boxes, ai quali si sarebbe dovuto consegnare, in via esclusiva, il telecomando di accesso.

Uno dei condòmini, in quanto titolare di una villetta con accesso anche dalla predetta area interna, ha impugnato la deliberazione, ritenendola lesiva dei propri interessi.

La sentenza

Il giudice ha ritenuto legittima la deliberazione con riferimento al quorum deliberativo adottato in sede assembleare, in quanto la stessa, disponendo l’automatizzazione del cancello, non integrerebbe una innovazione, ma una semplice modifica della “cosa comune”. Viceversa, esso decidente ha ritenuto illegittima la statuizione impugnata con riferimento ai criteri prescelti per la ripartizione della spesa anzidetta tra i condòmini. Quest’ultimi, infatti, avevano disciplinato la suddivisione del conto derogando le tabelle millesimali in uso in condominio.

I criteri stabiliti dall’articolo 1123 codice civile e/o, ancor prima dal regolamento e/o della tabelle millesimale, possono essere derogati – rammenta il decidente -, secondo quanto prescrive espressamente l’indicata norma, soltanto da una convenzione sottoscritta da tutti i condòmini interessati. I contributi per la conservazione del bene sono dovuti, infatti, da ciascun compartecipe in ragione dell’appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzione di piano.

Parabola e tettoia del condomino restano sul muro perimetrale perché sono discrete e non ledono il decoro

L’articolo 1117 Cc non si applica alle villette bifamiliari a schiera: passa una lettura elastica del regolamento secondo cui non serve il placet dell’assemblea per ogni intervento sulle pareti esterne

Il condominio non può ottenere che il proprietario esclusivo rimuova la pensilina e l’antenna satellitare installata sul muro perimetrale se i manufatti sono discreti e non si configura la lesione del decoro architettonico. Va detto poi che le disposizioni ex articolo 1117 Cc non si applicano alle villette bifamiliari a schiera ma soltanto agli edifici divisi in orizzontale per piani. E il regolamento condominiale ben può essere interpretato in modo elastico e dunque non deve ritenersi necessaria l’autorizzazione dell’assemblea per ogni minimo intervento eseguito dal singolo sulle pareti esterne alla villetta di proprietà esclusiva. È quanto emerge dalla sentenza 20248/16, pubblicata il 7 ottobre dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Dimensioni e colore
Diventa definitiva la decisione della Corte d’appello: né la pensilina né la parabola alterano le linee architettoniche e la fisionomia estetica del complesso immobiliare. Decisive le foto agli atti: la tettoia è piccola, sobria e di colore neutro e s’inserisce in modo armonico nell’ambiente. E l’antenna satellitare, che pure ha dimensioni modeste, risulta piazzata sulla facciata posteriore della villetta, come d’altronde hanno già fatto altri condomini. La valutazione in proposito compiuta dai giudici del merito è un tipico accertamento in fatto che risulta insindacabile in sede di legittimità se motivato in modo adeguato.

Funzioni inassimilabili
Inutile poi invocare la condominialità dei muri maestri ex articolo 1117 Cc ripresa dal regolamento perché i muri perimetrali sono invece di proprietà esclusiva e non sono quindi assimilabili ai primi: hanno soltanto la funzione di delimitare le varie porzioni e di sorreggere la copertura, anch’essa di proprietà esclusiva (o in comune fra le due villette affiancate). Il regolamento, in definitiva, vieta solo innovazioni e modificazioni senza il placet dell’assemblea e per contestare quest’interpretazione il condominio avrebbe dovuto prospettare la violazione delle norme di interpretazione del contratto ex articoli 1362 Cc e seguenti. Non l’ha fatto e dunque paga le spese di giudizio.

Lastrico solare, chi paga in caso di danni

I diritti si pagano: chi vanta la titolarità esclusiva del lastrico solare dell’edificio deve rassegnarsi a pagare i danni. Un principio confermato dalla sentenza della Cassazione a Sezioni unite del 10 maggio 2016, n. 9449, riguardante fattispecie della responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare esclusivo (esistente in un edificio in condominio).

La Suprema corte, infatti, con la pronuncia 3239 del 7 febbraio 2017 ha affrontato, ancora una volta tale ipotesi dannosa, collocandosi certamente nel solco del precedente intervento ma senza dimenticare di fare anche un passo in avanti nell’ulteriore specificazione interpretativa dell’articolo 1126 del Codice Per cercare di avere un quadro il più sistematico possibile dei complessi principi affermati è opportuno ripercorrere in prima battuta quanto affermato dalle Sezioni unite.

Vediamo in ordine i princìpi da seguire:

  1. a) la responsabilità per l’eventuale danno causato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare esclusivo (o dalla terrazza a livello, sempre esclusiva) va ricondotta nell’ambito dell’illecito extracontrattuale;
  2. b) in ogni caso, non si può ignorare la specificità di tale tipologia di copertura, in quanto, da un lato, la sua superficie, costituisce oggetto dell’uso esclusivodi chi abbia il relativo diritto; e, dall’altro, la sua parte strutturale sottostante costituisce “cosa comune”, perché contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio;
  3. c) diverse sono le posizioni del titolare dell’uso esclusivo sul lastrico solare e del condominio;
  4. d) da una parte, il titolare di tale diritto è tenuto agli obblighi di custodia, ex articolo 2051 del Codice civile, in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso;
  5. e) dall’altra parte, il condominio è tenuto (secondo gli articoli 1130, comma 1, n. 4. e 1135, comma 1, n. 4, del Codice civile) a compiere gli atti conservativie le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio e della relativa omissione risponde in base all’ articolo 2043 del Codice civile;
  6. f) queste due responsabilità di cui ai punti d) ed e) possono concorrere tra loro;
  7. g) in tal caso, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o di ricostruzione dall’articolo 1126 del Codice civile (un terzo/due terzi) costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa, valevole anche ai fini della ripartizione del danno eventualmente cagionato;
  8. h) diversamente, nel caso in cui risulti che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza a livello sia responsabile dei danni provocati ad altre unità immobiliari presenti nell’edificio per effetto di una condotta che abbia essa stessa provocato il danno; ipotesi in cui il titolare del diritto va conseguentemente ritenuto l’unico responsabile.

Da tale impostazione, che ormai può dirsi definitiva, deriva che non possono più essere prese in considerazione le precedenti sentenze della Cassazione che attribuivano la custodia del lastrico solare al condominio (25288/2015), ai condòmini (1674/2015), o addirittura all’amministratore (17983/2014) anche se tale area fosse esclusiva.

In sostanza, per le Sezioni unite del 2016 il «custode» è solo il titolare esclusivo, e non il condominio, il quale risponde, al massimo, per una sua condotta illecita (articolo 2043 del Codice civile), qual è certamente l’omissione di manutenzione.

La pronuncia della Cassazione 3239/2017, oltre a confermare questa impostazione, aggiunge un tassello importante per la valutazione del caso concreto: per poter attribuire la responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare occorre effettuare un’indagine – evidentemente a mezzo di perizia tecnica (e anche in base alle altre risultanze processuali) – sulle specifiche cause dell’evento e se tali cause, in particolare, sono ascrivibili a un concorso di responsabilità oppure a un fatto esclusivo del titolare del diritto di uso (come nell’ipotesi dei danni provocati dall’ostruzione alla griglia di scarico delle acque piovane su un lastrico solare di proprietà esclusiva, chiarita dalla Cassazione con la sentenza 26086/2005 )