I comproprietari valgono per una sola «testa» ai fini del supercondominio

Un nostro lettore ci ha chiesto: “Amministro un supercondominio di 8 stabili per complessivi 120 enti, in quanto ogni edificio è costituito da 7 appartamenti ed otto cantine, per un totale di 56 appartamenti e 64 cantine. 51 appartamenti fruiscono di una cantina ciascuno, 4 appartamenti ne hanno 8, 1 appartamento è di proprietà dell’Ater unitamente a 5 cantine distribuite in 4 stabili.
Essendo quasi tutti gli appartamenti di proprietà di 2 o più persone, superando ampiamente il numero di 100, chiedo se a tale casistica vada applicato quanto previsto dal comma 3 art. 67 delle “Disposizioni di attuazione del codice civile”.”.

Conta il numero delle teste, non quello delle unità Immobiliari

Ecco la soluzione più adatta al suo problema: “Ciò che rileva al fine del conteggio del numero dei partecipanti al condominio è il numero delle così dette “teste” e non il numero delle unità immobiliari. Qualora una unità immobiliare appartenga a più persone, esse, ai fini del conteggio dei “partecipanti” al condominio, vengono considerate come “uno”. Se una persona è proprietaria di più unità immobiliari nello stesso condominio (o supercondominio come nel suo caso), essa verrà conteggiata come “uno”. Pertanto, se ho bene compreso, nel suo caso vi sono 56 partecipanti al condominio e, quindi, non trova applicazione l’articolo 67 commi III e IV delle disposizioni di attuazione del codice civile che prevedono una speciale forma di rappresentanza all’assemblea del supercondominio.

Precetto al condominio: il creditore non può pretendere le spese per escutere tutti i condomini

Quando un creditore intima il precetto ad un condominio, può pretendere il pagamento di tutte le spese sostenute per l’attività propedeutica alla sua esecuzione, solo e soltanto da parte del destinatario dell’atto esecutivo senza poter in alcun modo rivendicare per sé le spese dovute dagli altri debitori in solido, ovvero tutti i condomini.
In particolare, il creditore che chiede il precetto al condominio, non può in alcun modo rivendicare le spese per escutere tutti i condomini. Nella fattispecie, ciò che risulta irrilevante è che le spese che il creditore si trova a dover affrontare per escutere tutti i suoi debitori in solido, trovino la propria fonte nella “ sentenza di condanna che è il titolo esecutivo posto a base del precetto (nonostante che per tali esborsi sia consentita la cosiddette auto-liquidazione in precetto).

Rinvio al mittente

Per quanto riguarda invece tutte le spese inerenti alla notificazione del titolo esecutivo e quelle relative alla redazione e alla notificazione del precetto, “quest’ultimo – spiegano i giudici – può contenere l’intimazione di pagamento, senza preventiva liquidazione processuale, soltanto delle spese sostenute dal creditore quando l’obbligazione di pagamento delle spese processuali sia solidale tra il debitore nei cui confronti è minacciata l’esecuzione e altri debitori, a loro volta destinatari di distinti atti di precetto. Accolto, contro le conclusioni del pm, il ricorso del condominio: sarà il giudice del rinvio a distinguere, nell’ambito del precetto opposto, le spese delle quali il creditore il creditore avrebbe potuto pretendere il pagamento dal condominio dagli esborsi di cui invece è stato intimato intimato illegittimamente il versamento.

Autonomia e solidarietà

Sbaglia invece il giudice del merito a ritenere che in questo caso la “solidarietà passiva” riguardi non solo il credito in quanto tale, ma anche le spese strettamente necessarie all’escussione di ciascuno dei debitori in solido. “Portare ad esecuzione una condanna solidale nei confronti di ciascuno degli obbligati richiede un’attività che è diversa per ognuno dei destinatari: le relative spese, dunque, danno luogo a un’obbligazione di rimborso personale per ognuno di loro. Poniamo infatti che il creditore compia senza successo l’attività nei confronti di uno degli obbligati in solido – spiegano ancora i giudici – non si può certo pretendere il pagamento delle spese da un altro debitore che invece abbia adempiuto spontaneamente, senza costringere il creditore a una preventiva minaccia di esecuzione col precetto o ad un’esecuzione nei suoi confronti. Insomma: va cassata la sentenza che ha rigettato il motivo di opposizione ad hoc laddove invece il precetto “incriminato”, intimato nei confronti del condominio, contiene l’indicazione delle voci autoliquidate anche in tutti gli altri precetti che il medesimo creditore ha intimato nei confronti di ciascuno dei condomini in quanto obbligato in solido. La parola passa al giudice del rinvio”.

Stop al riscaldamento centralizzato? Allora niente rimborso dai condomini già staccatisi

Nel momento in cui l’assemblea condominiale decide di sospendere l’esercizio del riscaldamento comune, ma per garantire un quieto vivere l’impianto rimane comunque funzionante, i condomini che nel frattempo hanno continuato ad utilizzarlo, non possono pretendere di ricevere il rimborso da chi invece si era già staccato precedentemente dal servizio comune e che, di conseguenza, hanno adempiuto per primi alla nuova delibera. Questo è quanto emesso con la sentenza 21742/13, pubblicata lo scorso 23 settembre, della seconda sezione civile della Cassazione.

Pro bono pacis

Ovviamente ciò che conta non è il calore disperso attraverso le colonne verticali negli appartamenti che si erano già staccati dall’utilizzo dell’impianto centralizzato. Risulta decisiva, in tal senso, “ la considerazione secondo cui è fondata la tesi che rende irrilevanti i perduranti consumi dell’impianto centralizzato dalla delibera adottata all’unanimità dei presenti da parte di proprietari (espressione di millesimi 810,43) era non di autorizzazione a distacchi individuali, ma di sostituzione dell’impianto in forza della legge 10/1991: coloro che hanno continuato a utilizzare l’impianto centralizzato tenuto acceso pro bono pacis non avrebbero dunque potuto pretendere ulteriori rimborsi di costi proprio da coloro che per primi avevano adempiuto a quanto deciso dall’assemblea condominiale”.
In questo caso, tutto ciò che ha fatto il giudice di appello, è stato di limitarsi ad osservare che la delibera posta a base della della delibera di riparto delle spese non risultava annullata, pertanto non avrebbe dovuto essere eseguita.