Sopraelevazioni in condominio

I vani ricavati sul terrazzo vanno abbattuti se violano condizioni statiche e aspetto architettonico

La realizzazione di una tettoia sul terrazzo, poi trasformata in soggiorno e cucina, è illegittima se non rispetta i limiti dell’art. 1127 c.c. (Tribunale Velletri n. 512/2024)

I vani ricavati sul terrazzo condominiale, se violano le norme statiche e architettoniche, vanno abbattuti. Necessaria la prova che il progetto rispetti la normativa antisismica: questo è quanto stabilito dalla sentenza 4 marzo 2024, n. 512 del Tribunale di Velletri.

Il caso

Un condomino, residente all’ultimo piano di un edificio, aveva inizialmente costruito una tettoia “ad elle” sul proprio terrazzo, trasformandola successivamente in due distinti vani: un soggiorno con annessa cucina e un ripostiglio.

Tali modifiche avevano portato, secondo la valutazione effettuata dal consulente tecnico d’ufficio incaricato di valutare la situazione, ad un incremento del peso sostenuto dal fabbricato, quantificato in circa 100 chili per metro quadrato.

Alla luce di tale intervento, veniva chiesta la demolizione e/o rimozione delle opere realizzate con il contestuale ripristino dei luoghi in quanto in contrasto con il regolamento condominiale e l’art. 1127 del Codice civile.

L’art. 1127 del Codice civile e i limiti sottesi

L’art 1127 del Codice civile dispone che il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano non è assoluto ma incontra alcune limitazioni. Il primo limite è che la facoltà di sopraelevazione può essere esclusa per effetto di un titolo contrario.

Il secondo limite è subordinato alla circostanza dell’idoneità statica del fabbricato a sopportare la nuova costruzione.

Infine, l’ultimo limite prescritto si concretizza nel pregiudizio all’aspetto architettonico dell’edificio e della notevole diminuzione dell’aria e/o della luce derivanti dalla sopraelevazione.

Il caso di specie, analizzato dal Tribunale di Velletri con sentenza n. 512, del 04-03-2024, si sofferma espressamente su due limiti:

  • la condizione statica dell’edificio in cui viene realizzata la sopraelevazione;
  • turbamento delle linee architettoniche.

Le condizioni statiche dell’edificio

Le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un ostacolo al sorgere ed all’esistenza stessa del diritto di soprelevazione.

Il limite delle condizioni statiche si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione.

L’accertamento di tale pericolo costituisce poi oggetto di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Corte di Cassazione sentenza del  30 novembre 2012, n. 21491)

La stessa Cassazione precisa che la norma non fa riferimento ad un accertamento delle condizioni statiche, né ad opere di consolidamento, vietando pertanto la sopraelevazione quando la statica risulti inadeguata a sostenerla (Corte di Cassazione sentenza del 29.1.2020, n. 2000).

In un’ottica ancor più restrittiva rientra la sopraelevazione realizzata in violazione delle specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche: tale divieto va interpretato nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia inidonea a fronteggiare il rischio sismico (Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza del 12.2.1987, n. 1541Corte di Cassazione sentenza del 15.11.2016, n. 23256).

In tali casi i condomini possono opporsi alle nuove opere, incompatibili con le condizioni statiche dell’edificio, a prescindere da ogni rafforzamento o consolidamento che il sopraelevante fosse disposto ad eseguire, così rafforzando la natura di limite assoluto alla stessa esistenza del diritto riconosciuto al proprietario dell’ultimo piano (Corte di Appello Napoli, 9.3.2006).

Nel caso di specie, il Tribunale di Velletri, dando per scontato che l’intervento debba essere qualificato come sopraelevazione, evidenzia come la realizzazione dei due vani abbia incrementato il peso sul fabbricato per circa 100 chili al metro quadrato (secondo quanto riportato dalla perizia).

Il Tribunale, nel valutare la condotta della parte convenuta, sottolinea l’importanza della dimostrazione della sicurezza antisismica dell’opera eseguita e dell’edificio nel suo complesso. Tale dimostrazione avviene tipicamente attraverso la presentazione di una progettazione antisismica specifica che includa un’analisi dettagliata della struttura complessiva e delle fondamenta del fabbricato.

In questo caso, però, tale prova non è stata fornita dalla parte convenuta (come evidenziato anche dalle osservazioni del Consulente Tecnico d’Ufficio).

Il Tribunale, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, pone l’accento sulla necessità di una rigorosa aderenza alle normative di sicurezza, specialmente in contesti condominiali.

L’intervento di sopraelevazione, nel caso di specie, è stato realizzato senza una corretta progettazione antisismica e senza le dovute verifiche tecniche pregiudica la sicurezza strutturale dell’edificio, violando la normativa antisismica.

L’aspetto architettonico del fabbricato

La questione dell’impatto estetico e architettonico è il secondo limite richiamato dall’art. 1127 cod. civ. ed è stato oggetto di specifica attenzione da parte della giurisprudenza.

La sentenza del Tribunale di Velletri offre un’importante interpretazione in merito alla distinzione e al contempo alla relazione esistente tra la nozione di “aspetto architettonico” e quella di “decoro architettonico“, così come delineate all’articolo 1120 del Codice Civile italiano.

Il Tribunale chiarifica che, benché le due nozioni siano distinte, esse non possono essere considerate in modo completamente separato l’una dall’altra quando si tratta di interventi edificatori, in particolare le sopraelevazioni.

In realtà già la Corte di Cassazione con sentenza del 24 aprile 2013, n. 10048, aveva delineato la distinzione tra le nozioni di “decoro” e “aspetto architettonico“, sottolineando come il limite estetico sia rappresentato non dal mancato abbellimento, ma piuttosto dall’alterazione o dal pregiudizio arrecato al decoro e all’aspetto architettonico dell’edificio, precisando che l’analisi dell’impatto architettonico di una sopraelevazione debba concentrarsi sulle caratteristiche estetiche visivamente percepibili dell’edificio, considerato nella sua autonomia stilistica (Corte di Cassazione sentenza del 23 luglio 2020, n. 15675).

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