Anticipazioni dell’Amministratore

l Tribunale Torino, con sentenza del 29 Gennaio 2016 detta i seguenti principi: «Il credito per le somme anticipate nell’interesse del Condominio dall’amministratore trae origine da un rapporto di “mandato” che intercorre con i condomini (Cass. civile , sez. II, 04 ottobre 2005, n. 19348 in Giust. civ. Mass. 2005, 10; Cass. civile , sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815 in Giust. civ. Mass. 2000, 1796). Precisamente, l’amministratore di condominio – nel quale non è ravvisabile un ente fornito di autonomia patrimoniale, bensì la gestione collegiale di interessi individuali, con sottrazione o compressione dell’autonomia individuale – configura un “ufficio di diritto privato” oggettivamente orientato alla tutela del complesso dei suindicati interessi e realizzante una cooperazione, in ragione di autonomia, con i condomini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto ‘sociale’ della gestione, al “mandato con rappresentanza”, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore ed ognuno dei condomini, dell’art. 1720 comma 1 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nell’esecuzione dell’incarico: norma che, peraltro, esprime un principio comune nella disciplina dei rapporti di cooperazione, indipendentemente dalla loro peculiarità (cfr. in tal senso: Cass. 1286/1997; Cass. 8530/1996; Cass. 1720/1981). In particolare, si deve osservare che, nascendo l’obbligazione restitutoria a carico dei singoli condomini nel momento stesso in cui avviene l’anticipazione legittima e per diretto effetto di essa, la situazione non muta in conseguenza della cessazione dell’anticipante dall’incarico di amministratore, con la conseguenza che la domanda dell’amministratore cessato dall’incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell’interesse della gestione condominiale può essere proposta, oltre che nei confronti del condominio, anche nei confronti del singolo condomino inadempiente all’obbligo di pagare la propria quota (cfr. in tal senso la citata Cass. civile , sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286 in Giust. civ. Mass. 1997, 227 ed in Vita not. 1997, 190)».

Secondo questa decisione, l’ex amministratore può recuperare le somme anticipate anche nei confronti del singolo condomino perché detto credito deriva da un rapporto di “mandato” intercorrente con i singoli condomini (cfr. Cass. 19348/2005; Cass.10815/2000). Un principio rafforzato dalla recentissima sentenza della Corte d’appello di Napoli (si veda il Quotidiano del Sole 24 Ore – Condominio di ieri ).

Il condominio non è un ente fornito di autonomia patrimoniale, bensì ha la gestione collegiale di interessi individuali, dei singoli condomini, con sottrazione o compressione dell’autonomia che ogni individuo avre4bbe se non fosse nel contesto condominiale. Il rapporto condominio-amministratore si pone quindi come “ufficio di diritto privato” oggettivamente orientato alla tutela del complesso di detti interessi, realizzando una sorta di cooperazione con i condomini, singolarmente considerati. Questo rapporto è assimilabile -pur con elementi di diversificazione in merito alle modalità di costituzione ed al contenuto ‘sociale’ della gestione- al “mandato con rappresentanza”.

Ad esso si applica l’art. 1720 comma 1 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nell’esecuzione dell’incarico. Si tratta di una disposizione normativa che manifesta un principio comune nella disciplina dei rapporti di cooperazione, indipendentemente dalla loro specifica peculiarità

Poiché l’obbligazione restitutoria nascente in capo ai singoli condomini nel preciso istante in cui avviene l’anticipazione legittima e per diretto effetto di essa, la situazione non cambia a causa della cessazione dell’anticipante dall’incarico di amministratore: la domanda dell’amministratore cessato dall’incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell’interesse della gestione condominiale può essere proposta, oltre che nei confronti del condominio, anche nei confronti del singolo condomino inadempiente all’obbligo di pagare la propria quota.

Ciò è in quanto l’obbligazione di rimborsare all’amministratore, mandatario, le anticipazioni effettuate nell’esecuzione dell’incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui avviene l’anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali (cfr. in tal senso: Cass. 8530/1996).

La domanda dell’amministratore cessato dall’incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell’interesse della gestione condominiale può essere proposta nei confronti del condominio anche rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall’espletamento del mandato, che, appunto, riflette la gestione e la conservazione di quelle cose, servizi o impianti)

Secondo l’orientamento seguito dalla più recente giurisprudenza della Cassazione (in tal senso: Cass. S.U.13533/2001 n. 13533; Cass.341/ 2002), <<il creditore, sia che agisca per l’adempimento, sia che agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno, è tenuto a provare solo l’esistenza del titolo , ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento.>>

Convocazione di entrambi i coniugi se in comunione dei beni

Il regime della comunione crea crea qualche difficoltà in condominio. Per l’articolo 159 del Codice civile, il regime patrimoniale della famiglia è costituito, in assenza di diversa convenzione, dalla comunione dei beni, che comprende gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio a esclusione di quelli relativi ai beni personali. Quindi, se l’immobile venga acquistato, durante il matrimonio, da coniugi in regime di comunione legale, lo stesso sarà di proprietà comune, e, pertanto, entrambi devono essere convocati alle assemblee condominiali, in forza del sesto comma dell’articolo 1136 del Codice civile, come modificato dalla Legge 220/2012, secondo cui «l’assemblea non può deliberare se non che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati».

Tale principio potrebbe essere un po’ mitigato, però, osservando che, sebbene l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al Codice civile non autorizzi a ritenere sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari, tuttavia (in considerazione del fatto che, ai sensi dell’articolo 1136, 6° comma, l’invito a partecipare all’assemblea non richiede un atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario), la prova della valida convocazione di uno dei proprietari “pro indiviso” si potrebbe ricavare anche dall’avviso dato ad uno degli altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che quest’ultimo abbia informato l’altro (o gli altri) della convocazione stessa, come, appunto, in caso di coniugi comproprietari di un appartamento, conviventi in pieno accordo e senza contrasto di interessi tra loro.

Tuttavia, poiché, a seguito della modifica disposta con la legge 220/2012, il 3° comma dell’articolo 66 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile specifica le forme in cui deve avvenire la convocazione e cioè raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano, ormai la prudenza consiglia l’amministratore accorto di ritenere irrilevante la conoscenza di fatto della convocazione, per cui quest’ultima dovrà essere recapitata personalmente a ciascun comproprietario e, quindi, separatamente a ciascun coniuge.

Ovviamente, per questo si dovrà preventivamente ed accuratamente verificare sia il regime vigente tra i coniugi, sia che l’immobile posto nel condominio non sia un bene personale di uno solo di essi, in base all’articolo 179 del Codice civile, che, infatti, considera tali, escludendoli dalla comunione: a) i beni di cui il coniuge era proprietario o titolare di un diritto reale di godimento prima del matrimonio b) quelli acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione c) quelli di uso strettamente personale d) quelli che servono all’esercizio della professione f) quelli acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopra elencati, purchè ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto.

L’invio dell’avviso di convocazione va sempre provato

Non è sufficiente inviare l’avviso di convocazione dell’assemblea a mezzo posta per potersi dire assolto l’obbligo di cui all’articolo 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, in quanto permane sempre l’onere di provare che l’atto sia giunto a destinazione o meglio, nella sfera di conoscibilità del destinatario.

Di recente la Corte di cassazione (ordinanza n. 13015/2015) ha precisato che all’avviso di convocazione spedito a mezzo posta e, pacificamente, non consegnato al destinatario, consegue l’onere del condominio «di provare non solo la spedizione, ma anche che l’avviso di giacenza (adempimento che consente di acquisire conoscenza dell’invio della comunicazione e la conoscibilità del suo contenuto) fosse stato immesso nella cassetta postale del destinatario» .