Il condominio risarcisce condomini o terzi che cadono accidentalmente nel viale condominiale

L’utilizzo del viale condominiale da parte dei condòmini, ma anche dei terzi, non risulta affatto imprevedibile od eccezionale, gli stessi, pertanto, non possono non fare affidamento circa la transitabilità e la sicurezza dell’anzidetto camminamento in assenza di limitazioni di transito, o segnali di pericolo, che avvisano della pavimentazione scivolosa. In tali condizioni, nondimeno, non risulta possibile neppure ipotizzare la concorrente, o esclusiva, responsabilità del terzo, atteso l’intrinseco stato di pericolosità in cui versa il viale, altrimenti sicuro.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25483 pubblicata in data 13 dicembre 2016.

Il familiare di un condomino conveniva in giudizio il condominio per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito di una caduta sul vialetto di accesso allo stabile in condominio, reso viscido dalla formazione di muschio creatosi per la presenza di alcune piante in vasi posti al lato del vialetto.

In primo, ma anche in secondo grado, il condominio veniva condannato al risarcimento del danno essendo stati accertati i presupposti di cui all’art. 2051 Cc, tanto perché, a seguito di consulenza tecnica d’ufficio, veniva evidenziata l’intrinseca pericolosità della cosa in dipendenza di formazioni muschiose sull’intero viale e, di converso, l’assenza di elementi tali da far ritenere una qualche (co)responsabilità nel sinistro da parte del danneggiato.

Propone ricorso per cassazione il condominio, che affida lo stesso a tre motivi implicanti vizi per errori di diritto e vizio di omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, quest’ultimo teso a dimostrare che: «a) non tutto il vialetto era coperto dal muschio b) il fenomeno muschioso originava da alcune piante in vasi posti al lato del vialetto» e, conseguentemente, la condotta colposa del danneggiato nonché l’omesso avvertimento da parte del condomino familiare della vittima.

Premette la Suprema Corte, richiamando i noti principi giurisprudenziali, che la responsabilità per cose in custodia, ex art. 2051 Cc, impone all’attore l’onere di fornire la prova «del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo nonché dell’esistenza di un rapporto di custodia relativamente alla cosa», viceversa, il convenuto, nel caso di specie il condominio, è tenuto a provare l’esistenza di un fattore esterno che abbia quei requisiti di imprevedibilità e di eccezionalità tali da interrompere il predetto nesso di causalità.

In altri termini, il condominio, per andare esente dalla responsabilità tipica del custode, deve dimostrare il caso fortuito o l’evento eccezionale ovvero la responsabilità concorrente o esclusiva del danneggiato che, nel primo caso, imporrebbe una riduzione del risarcimento.

A tale riguardo, una volta tenuto conto del fatto che l’utilizzo da parte dei condòmini, o di loro familiari, del viale di accesso allo stabile condominiale appare circostanza assolutamente normale e, quindi, di certo un evento niente affatto imprevedibile o eccezionale, gli stessi «non possono che fare affidamento sulla sicurezza dello stesso in assenza di specifiche limitazioni di transito o segnalazioni di pericolo od altri presidi diretti a limitarne l’uso dall’altro difetta la prova di quale fosse la effettiva dimensione della copertura muschiosa che rendeva viscido il vialetto; neppure è ipotizzabile il “fatto del terzo” così come prospettato dal ricorrente, in quanto, indipendentemente dal rinvenimento del fondamento giuridico dell’obbligo di preventiva informazione circa le condizioni del vialetto posto a carico dei familiari accompagnatori, è appena il caso di osservare come la condotta omissiva viene a collocarsi al di fuori della fattispecie illecita individuata dalla norma dell’art. 2051 c.c., nella quale il fatto del terzo -sempre che imprevedibile ed eccezionale- produce invece direttamente la pericolosità della res (altrimenti inerte) ipotesi che non ricorre nella specie».

La Corte, infine, prima di respingere il ricorso, non manca di sottolineare come nella vicenda giudiziaria non è stata posta all’attenzione dei giudici di merito – evenienza che precluderebbe qualsiasi statuizione sul punto da parte del Giudice di legittimità – una diversa e importante questione, quella relativa alla visibilità del pericolo.

In tali casi, infatti, allorquando il pericolo risulta visibile con l’ordinaria diligenza, l’utente, nell’usufruire del bene in custodia, deve prestare quel minimo di attenzione necessaria ad evitare il danno, in mancanza, il risarcimento potrebbe venire parzialmente o totalmente escluso in virtù del “fatto del terzo”.

Legge di Bilancio, cosa cambierà per il condominio

Relativamente agli interventi su parti comuni degli edifici condominiali la detrazione è stata estesa alle spese sostenute fino al 2021, per consentire agli amministratori di condominio di programmare questi grandi interventi nel modo migliore. La detrazione è riconosciuta nella misura maggiore (con un tetto di 40.00 euro per unità) del:

70% per gli interventi sull’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda;

75% se l’intervento è finalizzato a migliorare la prestazione energetica estiva e invernale della parte comune, conseguendo almeno la qualità media di cui al Dm del 26 giugno 2015.

La sussistenza delle condizioni deve essere asseverata da un tecnico abilitato, la cui non veridicità comporterà la decadenza del beneficio.

La legge di bilancio 2017 si prevede inoltre che per i condòmini anche non incapienti e per le spese suddette è possibile optare per la cessione del credito generato dalla detrazione, sia ai fornitori che hanno effettuato l’intervento che a soggetti privati. Stessa possibilità è stata prevista per le detrazioni maggiorate del 75% e dell’85% del sisma bonus.

Ritenute all’appaltatore

La legge di bilancio 2017 prevede che il condominio debba versare la ritenuta del 4% in qualità di sostituto di imposta nei confronti dell’appaltatore solo se la ritenuta stessa raggiunge la soglia minima di 500 Euro; in caso contrario il versamento deve essere eseguito entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno.

Contabilizzatori di calore in attesa di proroga

Al Ministero dello Sviluppo economico è stato confermato Carlo Calenda, ed è proprio in questo dicastero che si discute la questione dell’obbligo di installare contabilizzatori di calore e termovalvole, entro il 31 dicembre 2016, in tutti gli impianti di riscaldamento centralizzato.

Come anticipato sul Sole 24 Ore del 24 novembre scorso, Confedilizia si era mostrata ottimista sulla possibilità di una riapertura dei termini per i numerosi condomìni che non ce l’hanno fatta a fare i lavori prima dell’accensione del riscaldamento (che, in quasi tutta Italia, è stata il 15 ottobre scorso). Proprio le difficoltà causate dai ritardi normativi (il decreto legislativo 141/2016 è uscito in Gazzetta a fine luglio) hanno reso impossibile o molto difficile l’installazione di contabilizzatori, ripartitori e termovalvole. Così, anche se in parecchi casi sono state convocate le assemblee e deliberate le relative spese, è risultato estremamente complicato affidare i lavori a un’impresa: il tempo era troppo poco e le imprese si sono trovate sovraccariche di lavoro.

Il nodo è rappresentato dalle sanzioni per il mancato adepimento: da 500 a 2.500 euro a cariroco di ogni condòmino. Ed è proprio su questo che potrebbe giocarsi la partita delle dilazioni, che troverebbero posto nel solito Dl «milleproroghe». Le soluzioni che si stanno facendo strada, adottabili senza urtare troppo la sensibilità dei funzionari di Bruxelles (l’obbligo di contabilizzatori è infatti in ossequio alla direttiva 2012/27/CE) sono, per ora, due:

1) una riduzione al 5% delle sanzioni minime sino ai primi mesi della primavera 2017;

2) un posticipo dell’applicazione delle sanzioni alla riapertura degli impianti di riscaldamento nel 2017 (15 ottobre in gran parte d’Italia).

In ogni caso l’irrogazione delle sanzioni è affidata alle Arpa, quindi, si prevede una larga la tolleranza.

Il cambio d’uso non incide sui millesimi

La revisione delle tabelle non è obbligatoria per il cambio di destinazione. Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione (sentenza 19797/2016) torna sulle problematiche della revisione delle tabelle millesimali. Queste tabelle (differenziate per tipologia di spesa) rappresentano numericamente le quote in base alle quali ciascun condomino riceve l’attribuzione dei costi di gestione e quindi costituiscono uno strumento fondamentale per l’amministrazione del fabbricato.

La legge (articolo 69 dele Disposizioni di attuazione del Codice civile) prevede anche un sistema di «aggiornamento» delle stesse, denominato «revisione», che è finalizzato a far fronte alle eventuali modifiche della consistenza dell’edificio. Tuttavia, il codice circoscrive le ipotesi in cui la revisione è obbligatoria a casi limitati a eventuali errori nella redazione originaria e/o variazioni volumetriche delle unità immobiliari.

Nel caso della sentenza si è affermato che, considerate le condizioni poste dalla legge, e anche per ragioni di certezza dei diritti/obblighi dei singoli condòmini, una diversa destinazione d’uso di un locale/magazzino (originariamente commerciale) non può incidere sull’assetto millesimale che non dipende da tale aspetto puramente soggettivo. In definitiva, le variazioni dell’immobile che non riguardano la sua consistenza non danno luogo a necessaria revisione delle tabelle.