Ingiunzione al condomino moroso e rendiconto non approvato

Spesso i condomini affermano di non dovere pagare le proprie quote condominiali perché il rendiconto è sbagliato o è stato approvato irritualmente. Non sempre però tale eccezione è in grado di cogliere nel segno; anzi, in alcuni casi è pienamente superabile, se non temeraria.

A norma dell’articolo 1130 nr 3 Codice Civile l’amministratore è tenuto a riscuotere i contributi dovuti pro quota dai condomini al fine di erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e garantire l’esercizio dei servizi di rilevanza condominiale.

Per potere curare tale incombenza egli è tenuto, a monte, a rendere il conto del propria gestione, e cioè a presentare all’assemblea dei condomini il Rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130 bis Codice civile. Questo documento contabile, il quale deve essere espresso in modo tale da consentire “ai più” la immediata verifica delle risultanze, deve contenere le voci di entrata e di uscita e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio.

Il Rendiconto, in particolare, deve comporsi di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

Una volta approvato dall’Assemblea con le maggioranze prescritte dalla legge, l’Amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all’esame dei singoli condomini i documenti giustificativi delle spese effettuate (cosiddette “pezze di appoggio”), potendo fare esplicito riferimento al relativo contenuto e/o al piano di riparto delle spese.

Anzi, per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’Amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può’ ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, previo richiamo espresso di esso (cfr, articolo 63 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile.

Ciò tuttavia, in caso di contestazione del debito (e non solo) da parte del compartecipe “moroso”, non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria tra il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e il giudizio di impugnazione della delibera assembleare di cui all’articolo 1137 codice civile.

L’assioma è stato recentemente ribadito dal Tribunale di Verona – adito quale giudice del gravame (avverso sentenza emessa dal Giudice di Pace) – con la pronuncia pubblicata in data 03 giugno 2015

Succedeva che un condòmino, al fine di contestare la pretesa economica contenuta in seno ad un provvedimento monitorio, chiedeva, incidentalmente, al Giudice di Pace di pronunciarsi sulla “asserita” invalidità della delibera assembleare ad essa presupposta,laddove aveva disposto l’approvazione del rendiconto.

In accoglimento della pretesa, l’Autorità giudiziaria di primo grado revocava il Decreto ingiuntivo e poneva nel nulla la statuizione assembleare.

La Sentenza, ritualmente impugnata dal condominio ricorrente, è stata poi riformata dal Giudice d’appello, spiegando il seguente iter argomentativo.

Giova ricordare che per costante orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento degli oneri condominiali, non è ammesso invocare la revoca del decreto sulla scorta dell’asserita invalidità della delibera assembleare (Cass., sez. 2, 8 agosto 2000, n. 10427; Cass., sez. 2, 24 agosto 2005, n. 17206; Cass., sez. 2, 31 gennaio 2008, n. 2305; Cass., sez. 2, 20 luglio 2010, n. 17014; argomenti in tal senso anche da Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26629 e, in motivazione, da Cass., sez. un., 27febbraio 2007, n. 4421).

Il contenuto delle difese che è in grado di opporre il condòmino “moroso” avverso al decreto ingiuntivo ricevuto da parte del Condomino creditore può riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare, ma non è in grado di estendersi alla nullità o annullabilità della delibera avente ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali.

Questi ultimi vizi, che concernono un altro e differente atto giuridico, devono essere fatti valere in via separata con l’impugnazione di cui all’art. 1137 cod. civ..

In effetti, l’attualità del debito non è subordinata alla validità della delibera, ma solo alla sua perdurante efficacia.

Quindi, il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo deve rimanere confinato «all’accertamento dell’idoneità formale (validità del verbale) e sostanziale (pertinenza della pretesa azionata alla deliberazione allegata) della documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione e della persistenza o meno dell’obbligazione dedotta in giudizio (Cass. 8.8.2000 n. 10427 e 29.8. 1994 n. 7569)», in quanto: «il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate». (Cass. SS.UU. 26629/2009).

Alla stregua di quanto sopra riportato: « …non avrebbe potuto l’opponente proporre dinanzi al giudice di pace la domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato della nullità delle delibere assembleari asseritamente connesse al decreto ingiuntivo opposto e il giudice adito (cioè il Giudice di Pace), investito dell’impugnazione della sentenza di primo grado avrebbero dovuto dichiarare improponibile la domanda stessa, senza entrare nel merito della questione che essa poneva… ».

In conclusione, il Tribunale veronese ha, da una parte, riformato la sentenza di primo grado, stante il grossolano errore di diritto commesso dal Giudice e, dall’altra parte, ha condannato il condòmino opponente al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

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