Condominio: balconi, si dividono solo le spese per gli elementi decorativi

Cassazione sentenza n. 6652/2017

La Cassazione fa chiarezza sulla ripartizione delle spese per il rifacimento dei balconi in condominio

Su chi gravano le spese per il rifacimento dei balconi di proprietà esclusiva dei condomini? A fare chiarezza è la Cassazione, con la recentissima sentenza di marzo n. 6652/2017, spiegando che i condomini sono chiamati a condividere le spese relative agli elementi decorativi, in quanto rientranti nelle parti comuni dell’edificio, mentre non devono sostenere quelle relative al rifacimento della pavimentazione (o soletta) che rimangono a carico del proprietario dell’appartamento.

Nella vicenda, una condomina impugnava innanzi al tribunale di Roma una delibera condominiale, chiedendo che venisse dichiarata nulla giacchè poneva a carico di tutti i condomini il costo dei lavori di rifacimento “dei frontalini e dei sottobalconi dell’edificio, quali elementi statici dei balconi, le cui opere necessarie dovevano gravare a totale carico dei proprietari dei balconi stessi, tra cui non vi era l’istante”.

Il condominio obiettava che si trattava di lavori inerenti l’estetica del fabbricato e il giudice di primo grado gli dava ragione, ritenendo “che i frontalini e i sottobalconi si inserivano nel prospetto dell’edificio, avevano una chiara funzione decorativa e artistica e dovevano, quindi, essere considerati parti comuni dell’edificio medesimo, contribuendo a renderlo esteticamente gradevole”.

La Condomina non si dava per vinta e proponeva appello ribadendo che i lavori nulla “avevano a che vedere con l’estetica e l’aspetto architettonico dell’edificio” ma la corte territoriale riteneva inammissibile l’impugnazione, giacchè era stato “ampliato il thema decidendum”.

A questo punto si appella alla Corte di Cassazione innanzi alla quale la donna riesce ad ottenere vittoria.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato, e la corte di merito ha erroneamente ritenuto “che la contestazione della delibera condominiale, in ordine all’inerenza dei lavori disposti anche all’impermeabilizzazione e rifacimento dei pavimenti dei balconi, fosse fatto nuovo inammissibile, perché dedotto per la prima volta in sede di gravame, mentre in realtà già nel giudizio di prime cure era stato precisato che dovevano porsi a totale carico delle unità immobiliari dalle quali si accede ai balconi i lavori diretti a preservare e conservare l’area di calpestio”. Solo la richiesta in appello della declaratoria di nullità per un motivo diverso da quello dedotto in primo grado, hanno precisato infatti i giudici, “costituisce, atteso il mutamento dell’iniziale “causa petendi”, una domanda nuova, vietata dall’art. 345 c.p.c.”.

Deve ritenersi, inoltre, precisa la Corte che “poiché l’assemblea condominiale non può validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni, nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, è valida la deliberazione assembleare che provveda al rifacimento degli eventuali elementi decorativi o cromatici, che si armonizzano con il prospetto del fabbricato, mentre è nulla quella che disponga in ordine al rifacimento della pavimentazione o della soletta dei balconi, che rimangono a carico dei titolari degli appartamenti che vi accedono”.

Ascensore in condominio: sì alle esigenze di alcuni condomini di abbattimento delle barriere

L’installazione in un condominio di un ascensore, allo scopo dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata su parte esterna di aree comuni deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con ordinanza del 9 marzo 2017, n. 6129, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Trieste.

La pronuncia traeva origine dal fatto che il Tribunale di Trieste, in accoglimento della domanda degli attuali ricorrenti, aveva accertato il diritto degli stessi, ai sensi dell’art. 2 delle legge 9 gennaio 1989, n. 13, ad installare un ascensore occupando una parte del sedime del giardino comune, a ridosso della facciata, ove è ubicato il portone d’ingresso del Condominio in Trieste.

La domanda degli attori conseguiva al rigetto espresso due volte dall’assemblea condominiale alla proposta di installazione dell’ascensore e deduceva la difficoltà di deambulazione di due condomini.

La Corte d’Appello di Trieste, riformando la sentenza impugnata e rigettando le domande degli appellati, osservava che “l’ascensore è manufatto diverso dal concetto di servoscala o altre strutture mobili e facilmente amovibili”, di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 13/1989, e che l’ascensore per cui è causa comunque non avrebbe consentito ai condomini interessati di raggiungere senza problemi i rispettivi appartamenti, dovendo fermarsi sul pianerottolo dell’interpiano con dieci gradini da percorrere a piedi.

La Corte di Trieste ha perciò ritenuto l’installazione dell’ascensore lesiva dell’art. 1102 c.c., ed in particolare della destinazione a giardino dell’area comune, e quindi illegittima in difetto di deliberazione assembleare approvata con il quorum di cui all’art. 1136 cod. civile.

I condomini interessati alla vicenda hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la citata sentenza 4 agosto 2015, n. 483/2015, resa dalla Corte d’Appello di Trieste.

I motivi di ricorso

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. e dell’art. 113 c.p.c.

Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. in relazione agli artt. 1 e 2, legge n. 13/1989, degli artt. 1120, 1121 e 1136, c.c., degli artt. 2, 32 e 42 Cost., dell’art. 113 c.p.c.

Con il terzo motivo di ricorso lamenta il mancato accoglimento dell’istanza di correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza del Tribunale, ove si affermava in alcune parti che l’ascensore era da installare “all’interno del Condominio in Trieste”, e non, come nei fatti, “all’esterno” di esso.

La decisione

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 6129/2017 ha ritenuto fondato il secondo motivo ed ha accolto il ricorso.

Il condomino dell’ultimo piano ben può aprire un passaggio al solaio anche se taglia le travi portanti

Non si può impedire al condomino dell’ultimo piano che ha l’uso esclusivo del lastrico solare di praticare un’apertura per collegare l’appartamento e il solaio, anche se l’intervento comporta il taglio di travi portanti del tetto. A meno che, beninteso, i lavori non creino problemi di statica all’edificio. L’articolo 1102 Cc non può infatti essere interpretato in senso tanto restrittivo da impedire ogni intervento sulla cosa comune: il giudice del merito deve invece verificare se dopo i lavori è garantita la funzione di copertura e protezione delle strutture sottostanti. È quanto emerge dalla sentenza 6253/17, pubblicata il 10 marzo dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Verifica necessaria
Altro che la «manifesta infondatezza con condanna aggravata alle spese» chiesta dal sostituto procuratore generale. Il ricorso del proprietario dell’ultimo piano è accolto eccome. E ciò perché sbaglia la Corte d’appello a ritenere che basti il taglio delle travi del tetto per integrare la violazione della norma ex articolo 1102 Cc sull’uso della cosa comune. Al centro del mirino del vicino che adisce per primo il giudice finisce la bussola in vetro posta a copertura del collegamento fra l’appartamento e il solaio. Ma un’analoga struttura sul tetto già c’è: quella che garantisce l’accesso condominiale. E in ogni caso il proprietario dell’ultimo piano può trasformare il tetto comune dell’edificio in terrazza di proprio uso esclusivo a patto che sia mantenuta la destinazione principale del bene, laddove la modifica non risulta di portata significativa. Il solo taglio delle travi non può dunque determinare l’alterazione della cosa comune che ne impedisce l’uso ex articolo 1102 Cc. Parola al giudice del rinvio, che dovrà verificare se la bussola in vetro realizzata sul lastrico solare non priva gli altri condomini della reale possibilità di utilizzare il solaio