Il costruttore non può imporre per regolamento limiti sulle parti comuni

Nella sentenza numero 5336 del 2 marzo 2017 la Corte di Cassazione esprime alcuni importanti principi in materia di diritto condominiale e in particolare in tema di regolamento condominiale e di parti comuni.

La vicenda viene posta all’attenzione della Suprema Corte tramite il ricorso presentato da alcuni condomini i quali, impugnando una sentenza della Corte d’Appello che li aveva visti soccombenti, lamentava diverse condotte poste in essere da altri condomini.

Nella doppia veste di venditori dell’immobile e di condomini, infatti, le controparti avrebbero a detta dei ricorrenti posto in essere svariati comportamenti degni di censura.

In particolare queste condotte, espresse in quattro motivi di ricorso, erano raggruppabili in due categorie: in prima battuta i ricorrenti lamentavano come le controparti non avessero provveduto a redigere il regolamento di condominio e non avessero “individuato, chiarito e concesso agli attori di utilizzare le parti comuni in quota proporzionale, come stabilito nei rogiti”.

In secondo luogo, i ricorrenti lamentavano come le controparti avessero, in seguito alla vendita dell’appartamento, provveduto a realizzare delle opere sulle parti comuni, ledendo il loro diritto di godimento.

La Corte di Cassazione, nel pronunciare la sentenza, tratta singolarmente le questioni.

Con riguardo alla prima doglianza, la Cassazione rigetta il ricorso proposto.

In particolare secondo i giudici i ricorrenti avevano chiesto di condannare i venditori degli immobili per non avere rispettato l’obbligo di redigere il regolamento di condominio, mentre in sede di appello avevano domandato la loro condanna per non avere individuato chiarito e concesso agli attori il diritto di utilizzare le parti comuni.

La domanda effettuata in grado di appello era considerata nuova e quindi, ai sensi dell’articolo 345 del Codice di Procedura Civile, questa veniva dichiarata inammissibile.

La Cassazione specificava inoltre il principio in ragione del quale “l’obbligo del venditore di un’unità immobiliare, compresa in un condominio edilizio, di individuare e concedere al compratore l’utilizzazione delle parti comuni dell’edificio non discende affatto dall’assunzione di un apposito ed autonomo vincolo negoziale, avendo piuttosto i singoli condomini di un edificio il diritto di utilizzare direttamente, per il miglior godimento della porzione di loro proprietà esclusiva, tutte quelle parti del fabbricato che, per la loro destinazione ad un uso comune, si presumono di proprietà condominiale a norma dell’articolo 1117 c.c.”.

Per quanto riguarda la seconda parte del ricorso, invece, la Cassazione accoglieva le argomentazioni dei ricorrenti.