Non è possibile impedire al condomino di montare i pannelli fotovoltaici sul tetto comune

Stop alla delibera che blocca l’installazione, il legislatore agevola le fonti rinnovabili. Ma l’assemblea con maggioranza qualificata può pretendere garanzie per la sicurezza e il decoro.

L’assemblea condominiale non può bloccare il proprietario esclusivo che intende montare sul tetto comune dell’edificio i pannelli fotovoltaici per produrre da sé l’energia elettrica a suo uso e consumo. E ciò grazie all’articolo 1122 bis Cc introdotto dalla riforma del condominio: il legislatore, infatti, guarda con favore al ricorso alle fonti rinnovabili perché non inquinano e dunque non solo consente ma ne incoraggia l’installazione sulle parti comuni degli edifici. L’assemblea, tuttavia, può imporre modalità alternative per l’esecuzione del progetto se raggiunge la maggioranza qualificata della maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio. È quanto emerge dalla sentenza 11707/14, pubblicata dalla tredicesima sezione del tribunale di Milano (giudice Giacomo Rota). Tutela anti-danni Accolto il ricorso del proprietario esclusivo che ha presentato il progetto: vuole installare ben otto pannelli sul lastrico solare, che rientra fra le parti comuni del fabbricato. Ed è invalida la delibera adottata che nega l’autorizzazione perché l’assemblea non ha la facoltà di bloccare l’iniziativa in base all’articolo 1122 bis Cc: anzi, la ratio della disposizione è proprio facilitare il ricorso all’energia pulita e ridurre i consumi e la bolletta elettrica. Non c’è prova, peraltro, che l’installazione prefigurata dal proprietario esclusivo possa arrecare un danno al decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea, dal canto suo, deve raggiungere l’elevata maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, Cc per imporre ai lavori cautele tali da tutelare la stabilità del fabbricato, la sicurezza dei residenti e l’armonia delle linee architettoniche dell’edificio. E a richiesta può provvedere a ripartire l’uso del lastrico solare salvaguardando le diverse forme di utilizzo che sono autorizzate dal regolamento condominiale o risultano già in atto. Senza dimenticare che la maggioranza qualificata consente all’assemblea di imporre che l’interessato presti un’adeguata garanzia per mettersi al riparo da eventuali danni durante dopo i lavori. Al condominio non resta che pagare le spese di giudizio.

 

A più di due anni dalla compravendita i contributi si riscuotono dall’ex condomino senza ingiunzioni

Non è il nuovo proprietario dell’immobile a pagare se risulta trascorso oltre un biennio dall’ordinanza del giudice che dispose i lavori all’edificio. Solo azione ordinaria contro l’alienante. Cassazione Sent. 702/15

Il giudice dispone la realizzazione di lavori al lastrico solare dell’edificio, ma nel frattempo uno dei proprietari esclusivi vende la casa senza pagare la sua quota. Allora il condominio ottiene un decreto ingiuntivo contro il nuovo proprietario, che pure non paga perché la compravendita dell’appartamento è avvenuta oltre due anni dopo l’ordinanza del giudice che ha fatto sorgere l’obbligazione. La disposizione ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc è infatti da ritenersi norma speciale rispetto a quella ex articolo 1104 Cc in tema di comunione in generale. Risultato? Il condominio dovrà rivolgersi al vecchio proprietario per riscuotere i contributi proponendo un’azione ordinaria: non può infatti agire in via monitoria nei confronti di chi non è più condomino. È quanto emerge dalla Sentenza 702/15, pubblicata dalla sesta sezione civile della Cassazione. Solidarietà esclusa Dovrà rassegnarsi, il condominio: ha sbagliato a rivolgersi al nuovo proprietario dell’immobile per ottenere il versamento dei contributi relativi a vecchi lavori. Rispetto all’ordinanza del giudice che dispone i lavori sulla sommità del fabbricato, l’ingiunto ha acquistato la casa ben oltre il termine biennale fissato ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc entro il quale il successore nei diritti del singolo proprietario esclusivo risponde in solido con il dante causa dei contributi non versati al condominio. Ipotesi irrealistica Inutile per l’ente di gestione eccepire che la limitazione di responsabilità non potrebbe riguardare i rapporti fra il condominio e il singolo proprietario esclusivo ma interesserebbe soltanto i rapporti fra acquirente e venditore. Il rinvio operato dall’articolo 1139 Cc alle norme sulla comunione in generale vale per espressa previsione della stessa disposizione soltanto per quanto non è espressamente previsto dalle norme sul condominio. Non è credibile che il legislatore abbia voluto rendere il cessionario responsabile in modo illimitato del pagamento dei contributi al condominio: in tal caso, infatti, non avrebbe ritenuto necessaria la previsione ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc, rendendola peraltro inderogabile al successivo articolo 73, ma avrebbe ritenuto sufficiente la disposizione ex articolo 1104 Cc. Non resta che pagare le spese e l’equivalente del contributo unificato già versato.

Dopo la riforma il creditore ben può pignorare il saldo del conto corrente condominiale

Tutti i contributi dei singoli proprietari esclusivi si confondono nella provvista gestita dall’amministratore: non contano il titolo di annotazione e la provenienza

Si avvicina l’assegnazione delle somme. Il creditore, infatti, ben può pignorare il saldo del conto corrente condominiale. E ciò perché tutti i contributi dei singoli proprietari esclusivi si confondono nella provvista gestita dall’ amministratore, senza che contino più il titolo di annotazione e la provenienza. È quanto emerge dall’ ordinanza di assegnazione emessa dalla terza sezione civile (giudice dell’esecuzione. . Dopo la riforma del condominio è obbligatoria l’apertura di un conto corrente del condominio: le somme che vi confluiscono costituiscono patrimonio autonomo dell’ente di gestione. In base all’ articolo 1129, comma settimo, Cc, l’amministratore è tenuto a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, oltre a quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. E il patrimonio del condominio deve essere tenuto separato da quello dell’amministratore e dei singoli condomini. Insomma: i contributi versati dai singoli partecipanti si confondono con le altre somme già presenti sulla provvista e vanno a integrare quel saldo che è a immediata disposizione del correntista “condominio”, secondo l’articolo 1852 Cc; il credito pignorato, nella specie, è il credito alla restituzione delle medesime somme depositate, il quale trova causa, appunto, nel rapporto di conto corrente. Non contano più le ragioni per le quali le singole rimesse sono state effettuate, come la provenienza delle stesse dall’uno o dall’altro condomino: il pignoramento del saldo di conto corrente condominiale da parte del creditore è diretto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo del beneficio di escussione ex articolo 63, secondo, disp. att. Cc, il quale è posto a presidio soltanto dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli proprietari esclusivi. Il giudice fissa l’udienza per l’assegnazione delle somme.

Nuovo modello CU 2015 anche per il Condominio, addio al vecchio CUD

Il nuovo CU 2015 sostituisce il vecchio modello CUD e la certificazione dei compensi degli autonomi coinvolgendo così anche l’amministrazione condominiale.

Il modello CUD cambia radicalmente arricchendosi di nuovi dati e funzioni. Dal 2015 cambierà anche nome: CU (Certificazione Unica).

L’Agenzia delle Entrate da poco ha messo a disposizione in nuovo modello CU2015 in bozza. Forse il cambiamento più profondo portato dal CU è il fatto che la Certificazione Unica non sostituirà solo il caro vecchio modello CUD ma anche la certificazione dei compensi degli autonomi sino ad oggi emessa in forma libera su carta intestata dell’azienda.

Il CU2015 dovrà quindi essere utilizzato dal sostituto d’imposta per certificare i redditi di lavoratori dipendenti e autonomi. A che scopo? L’obiettivo dichiarato è quello di rendere possibile l’elaborazione della famosa “dichiarazione precompilata” (730 precompilato) che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe emettere già dal prossimo anno andando a semplificare la vita (si spera) di circa 20 milioni di contribuenti.

Ciò che lascia perplessi per molti versi è l’inclusione di professionisti, agenti e rappresentanti di commercio i quali non usufruiscono, in quanto titolari di partita Iva, della dichiarazione tramite 730.

Il nuovo modello CU dovrà essere consegnato al contribuente entro il 28 febbraio e trasmesso, per via telematica, all’agenzia delle entrate entro il 7 marzo, scadenza che per il 2015 dovrebbe slittare al 9 in quanto il 7 marzo cade di sabato. Consultando il frontespizio oltre ai classici dati del sostituto e del rappresentante firmatario, la Comunicazione Unica contiene l’indicazione del numero delle certificazioni di lavoro dipendente/assimilato e di lavoro autonomo/provvigioni contenute nel flusso (che potranno essere trasmesse anche separatamente), della presenza o meno del quadro dedicato alla comunicazione telematica oltre ai dati relativi all’impegno alla trasmissione telematica.

Importante

Nel mondo dell’amministrazione condominiale Il modello CU sostituisce pertanto l’invio della “certificazione dei compensi soggetti a ritenuta d’acconto” che si usava fare annualmente a tutti i fornitori che avevano emesso fatture con rit. d’acconto nei confronti del condominio.

Modifica regolamento contrattuale

Le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 2, c.c.  (Cass. Civ. 943/1999).

La Corte di Cassazione, con sentenza del 15 giugno 2012, n. 9877, ricorda che nei regolamenti condominiali contrattuali sono contrattuali (e, quindi, modificabili solo con il consenso di tutti i proprietari) solo quelle clausole che incidono sui diritti reali individuali o dei comunisti, mentre le altre clausole, anche se contenute nei regolamenti contrattuali, sono da considerarsi semplici clausole che regolano l’uso dei beni comuni e possono, pertanto, essere modificate con delibere adottate a maggioranza.
Di conseguenza, se la clausola del regolamento che vieta il parcheggio nel cortile (o che vieta un qualsiasi uso del cortile) è meramente regolamentare, questa può essere modificata con una delibera dell’assemblea approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 5, c.c. (non essendo richiesta l’unanimità dei consensi) .

Modifica dei criteri legali di riparto delle spese e diritti soggettivi dei condomini: nullità della deliberazione condominiale non assunta all’unanimità.  (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 15042 del 14 giugno 2013)

In materia condominiale deve ritenersi affetta da nullità, che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ancorché abbia nella stessa espresso voto favorevole, e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall’art. 1137 c.c., la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali ex art. 1123 c.c. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell’interesse comune.

Ciò, in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono esser fatte valere soltanto da una convenzione cui egli aderisca.

Ne consegue che la modifica a maggioranza, sia pure qualificata, del criterio di ripartizione delle spese, e non all’unanimità, si deve considerare nulla e l’azione può essere proposta in ogni tempo anche da chi abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera nulla.

Nei regolamenti contrattuali dobbiamo distinguere i patti regolamentari, in quanto chiariscono o riproducono le norme di legge sul condominio e sono finalizzati a regolare l’uso delle cose comuni,  dai patti che contengono oneri reali circa l’uso e la destinazione delle proprietà esclusive, o riserve di proprietà o particolari diritti al venditore o ad alcuni condomini, limitazioni a carico dei singoli condomini o patti che comunque  vanno ad incidere sui diritti di proprietà o di uso dei singoli condomini.

Amministratori parcella in chiaro

La prassi e le sentenze

Di norma, si ritiene che il compenso stabilito forfettariamente in occasione dell’assunzione o del rinnovo dell’incarico sia limitato alla gestione ordinaria (che include, ad esempio, spese amministrative, servizi condominiali, piccola manutenzione, energia, acqua) ma non comprenda la gestione di lavori straordinari («lavori di rilevante entità» per il Codice civile), da liquidare a parte, in genere in percentuale sul costo dei lavori.

Ma l’orientamento (a parte alcuni precedenti di merito) va nel senso che, se l’assemblea non approva espressamente il compenso straordinario, nulla è dovuto all’amministratore. Quindi, il compenso pattuito all’assunzione dell’incarico annuale comprende ogni attività, anche relativa alla gestione di manutenzione di rilevante entità delle parti comuni.

La riforma del condominio (legge 220/2012) ha cercato di arginare gli abusi di alcuni amministratori che, raggiunto l’accordo sul compenso per la gestione ordinaria, al momento dell’approvazione inseriscono nel consuntivo altre spese, ad esempio, per partecipazione ad assemblee straordinarie, gestione sinistri, stampa rendiconti.

Il nuovo articolo 1129 del Codice civile stabilisce che l’amministratore, in occasione della nomina o del rinnovo, debba analiticamente specificare l’importo dovuto per la sua attività, a pena di nullità della nomina. Certo, sarebbe stata preferibile una formulazione meno radicale, che prevedesse l’inesigibilità delle voci del compenso non indicate espressamente. In teoria, questa disposizione rischia di fare dichiarare nulla la nomina dell’amministratore che non specifica, in maniera minuziosa, tutte le possibili voci, il che è praticamente impossibile. La norma dovrebbe quindi essere interpretata nel senso che è nulla la nomina se la specifica del prezzo non sia determinata o determinabile o lasci spazio ad abusi.

Sono due i tipi di preventivo che possono essere presentati all’assemblea. Il primo è “modulare” e consiste nell’elenco analitico delle attività con un prezzo per ognuna. Il secondo è a forfait, con un prezzo comprensivo di tutta l’attività. In genere, per non avere brutte sorprese, i condomini preferiscono il preventivo forfetizzato; quello modulare non ha invece avuto fortuna, se non nella forma attenuata, che prevede un prezzo forfetizzato, ma con diverse attività indicate come “extra”, come le assemblee straordinarie.

Un preventivo misto non dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere sanzionato con la nullità della nomina se riporta la clausola per cui è compresa nel prezzo forfettizzato ogni attività non indicata a parte, in modo da evitare che il prezzo lieviti in occasione del consuntivo. Per quanto concerne i lavori di rilevante entità, il candidato amministratore potrà presentare, nel suo preventivo, una quota percentuale sull’importo di eventuali opere ma tale proposta dovrà essere espressa all’accettazione dell’incarico o del rinnovo e non potrà essere rimandata all’approvazione dei lavori.