La Revoca giudiziale dell’amministratore non scatta automaticamente

Al fine di ottenere una pronuncia giudiziale di revoca dell’amministratore, deve essere a questo addebitato un fatto tale da giustificare la risoluzione immediata del rapporto di mandato, anche a prescindere dall’inquadramento della condotta nell’elenco esemplificativo fornito dal legislatore della riforma l. 220/2012. Ne consegue che, anche solo in presenza di una delle ipotesi di gravi irregolarità previste dall’art. 1129 c.c., la revoca dell’amministratore non scatta automaticamente, ma può essere disposta dal giudice solo se venga ravvisato in concreto un comportamento contrario ai doveri imposti dalla legge”.

Questo è quanto ha stabilito il Tribunale di Treviso con la sentenza del 21 aprile 2016, in materia di revoca giudiziale dell’amministratore.

Revoca giudiziale dell’amministratore: il caso in esame

Analizziamo i fatti. Quanto espresso dal Tribunale si riferisce al caso in cui una condomina (proprietaria) di uno stabile si era rivolta al giudice competente, richiedendo la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, poiché questi, a suo avviso, aveva commesso delle gravi irregolarità gestionali (art. 1129, comma 12, n.2, c.c.) per non aver dato attuazione alla delibera assembleare.

Nella fattispecie, secondo la condomina, l’amministratore avrebbe dovuto informare il condominio del fatto che le tende installate da alcuni di loro, non erano state autorizzate dall’assemblea e che pertanto, secondo quanto disposto dal regolamento condominiale (che in questo caso vieta l’installazione di tende, tendaggi e addobbi esterni senza previa autorizzazione dell’assemblea nella sua totalità), i condomini che avevano violato il regolamento avrebbero dovuto provvedere alla rimozione delle tende entro e non oltre 60 giorni.

Per questo motivo, la donna avrebbe richiesto al Tribunale di Treviso di dispensare l’amministratore dal suo incarico. Mentre per quanto riguarda quest’ultimo, si è immediatamente costituito in giudizio contestando in toto le ragioni esposte dalla condomina. Nella fattispecie, l’amministratore di condominio sosteneva che le tende di cui parlava la donna, sarebbero state installate circa cinque anni prima, durante il mandato del precedente amministratore il quale, a sua volta, avrebbe ottenuto allora l’apposita autorizzazione dell’intera assemblea.

Revoca giudiziale dell’amministratore: cosa si intende per gravi irregolarità?

Secondo il nuovo art. 1129del c.c., la revoca giudiziale dell’amministratore può avvenire soltanto per gravi irregolarità. Scopriamo, prendendo in esame suddetto articolo, scopriamo insieme in quali casi un amministratore può essere dispensato dal proprio incarico.

In primo luogo può essere revocato, l’ipotesi non contenziosa, per volontà dell’assemblea, in qualsiasi momento e con le maggioranze previste per la sua nomina (quando viene meno l’apprezzamento da parte dei condòmini). Quelle successive risultano invece ipotesi giudiziali, in quanto prevedono l’intervento dell’autorità giudiziaria, tant’è vero che, è previsto il ricorso al Tribunale da parte di ciascun condomino, allorquando l’amministratore non comunica all’assemblea i provvedimenti dell’autorità amministrativa o citazioni che esulano dalle sue attribuzioni (art. 1131 c.c.) ovvero in caso di omessa rendicontazione o gravi irregolarità. In particolare, la norma di cui all’art. 1129 c.c., viene riconosciuta come ad una tipica norma a fattispecie aperta che, appunto, non esaurisce tutte le possibili ipotesi di gravi irregolarità, ed è in tal senso che appare pienamente operante il principio della cd. mala gestio, mutuato appunto dalle norme sul mandato che, come abbiamo avuto modo di verificare, risultano applicabili anche alla figura dell’amministratore di condominio“.

Revoca giudiziale dell’amministratore: la decisione del Tribunale di Treviso

Pertanto, in seguito al dibattimento tra le due parti, il Tribunale di Treviso ha evidenziato che l’amministratore aveva invitato i condomini interessati a rimuovere le tende precedentemente installate: fatto questo che esclude la mancata attuazione della delibera assembleare da parte dell’amministratore. In tal caso, la giurisprudenza di legittimità è chiara, e infatti “l’amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare per agire in giudizio nei confronti dei condomini responsabili di violazione al regolamento di condominio” (Cass. civ. Sez. II Sent., 26/06/2006, n. 14735 e, analogamente, in Cass. civ. Sez. II, 25/10/2010, n. 21841). Per quanto riguarda invece il caso in esame è stato ritenuto che l’installazione delle suddette tende era stato il “frutto di una ampia discussione in riunione condominiale e che la decisione era stata presa precedentemente con il consenso di tutti i condomini riuniti in assemblea”.

Pertanto, alla luce di quanto emerso, e soprattutto in virtù del fatto che non è stata riscontrata alcuna violazione dell’art. 1130 comma 1, n.1 c.c., il Tribunale di Treviso ha deciso di rigettare il ricorso della condomina.

 

Rimborso delle spese sostenute dal precedente amministratore: quando spetta e come ottenerlo?

L’ex amministratore che ha anticipato delle spese può richiedere soltanto la restituzione della somma approvata dalla delibera condominiale.

Questo è quanto ha stabilito il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, con la sentenza del 4 aprile 2016, in merito al tema del rimborso delle spese sostenute dal precedente amministratore, ha sancito che: “In tema di condominio, l’amministratore cessato dall’incarico che sostiene di aver anticipato delle spese, non è legittimato a richiedere l’intero credito ma solo quello risultante dal suo estratto conto approvato con la delibera condominiale. Ne consegue che, in assenza di delegazione di pagamento precisa, deve essere revocato il decreto ingiuntivo proposto dall’ex amministratore pur in presenza di una delibera che approva il debito del condominio”.

Rimborso delle spese sostenute dal precedente amministratore: Il caso e la sentenza

Ma entriamo nello specifico, cercando di capire cosa era successo prima che si arrivasse alla sentenza del Tribunale: un ex amministratore di condominio aveva richiesto al giudice il pagamento, in suo favore, di una somma che riteneva di aver anticipato nel corso della sua precedente attività di amministrazione condominiale. Tale somma, inoltre, era comprovata da una delibera che aveva accettato il rendiconto. Dello stesso avviso, però, non era il condominio, che pertanto ha deciso di opporsi a tale richiesta di risarcimento.

Per questo motivo il condominio si è appellato alle leggi sul potere di spesa dell’amministratore che, salvo quanto previsto dagli articoli 1130 e 1135 del c.c., in tema di lavori urgenti egli non quasi alcun potere di spesa, “in quanto spetta all’assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell’assemblea, l’amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l’amministratore e i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell’articolo 1720 del c.c., secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario, deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell’amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell’assemblea. Quindi, Per poter richiedere il rimborso delle anticipazioni sostenute per l’amministrazione di un fabbricato è necessario, in primo luogo, farsi legittimare dall’assemblea nella carica di amministratore; in secondo luogo, sottoporre all’approvazione dei condomini il regolamento e le tabelle millesimali; infine, far approvare dall’assemblea le voci di spesa. (Cass. Sentenza 20 agosto 2014, n. 18084Cass. Sentenza 27 gennaio 2012, n. 1224)“.

Rimborso delle spese sostenute dal precedente amministratore: può essere restituito soltanto quanto approvato dall’assemblea

Ciò è avvenuto perché l’assemblea dei condomini ha il potere di approvare l’operato dell’amministratore che abbia effettuato spese di manutenzione ordinaria o straordinaria sulle parti comuni senza la preventiva approvazione, anche dopo che questi ha cessato il suo mandato; in questo modo, non basta assolutamente che dal rendiconto approvato emerga un disavanzo tale da far risultare il condominio debitore nei confronti dell’ex amministratore, a meno che questi non riesca a provare in maniera inequivocabile che quanto ha anticipato è più di quanto il condominio voglia far credere (Tribunale di Roma del 17 aprile 2014Cassazione Civ. n. 10253/2011).

Infatti, “in materia di deliberazione assembleare condominiale, l’approvazione di un rendiconto, ha valore di riconoscimento di debito solo in relazione alle sole poste passive specificamente indicate (entrate, uscite e saldo finale); quindi, poiché il credito per recupero delle somme, si fonda sull’articolo 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, come chiarito dalla citata giurisprudenza, il professionista deve fornire la prova degli esborsi mediante un rendiconto del proprio operato”.

Rimborso delle spese sostenute dall’amministratore precedente: la delibera assembleare non discute

Cerchiamo quindi di capire qual è stato il ragionamento che ha portato il giudice del del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ad emettere questa sentenza

Dalla documentazione ufficiale dei fatti, è risultato che l’assemblea aveva approvato il rendiconto presentato dal precedente amministratore; inoltre, veniva anche provato che il rendiconto (non impugnato) rendeva incontestabile la registrazione tra i debiti del bilancio della voce relativa alle somme indicate a titolo di restituzione delle anticipazioni eseguite dall’ex amministratore. Perché allora, secondo il giudice, l’amministratore non poteva e non doveva pretendere il risarcimento di determinate somme?

Secondo il Tribunale, dalle dichiarazioni prese in esame, non emergeva alcun obbligo di risarcimento risultante dal rendiconto approvato.  Inoltre, sempre secondo il parere del giudice, tale mandato non si evinceva né dal verbale né dalla dichiarazione presentata dal condominio. Inoltre, dagli atti presentati, non emergeva alcuna espromissione (non c’era intervento spontaneo di un debito altrui), né tanto meno alcuna delegazione di pagamento.  Per questi motivi, il giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha stabilito che: “l’approvazione di un rendiconto di gestione condominiale col quale i condomini riconoscono il credito dell’amministratore rende sicuramente incontestabile la registrazione tra i debiti di bilancio della voce relativa alle somme eventualmente indicate a titolo di restituzione delle anticipazioni eseguite dall’amministratore del condominio ma, in assenza di delegazione di pagamento precisa, non impone il pagamento della somma riconosciuta nei confronti di un determinato soggetto. Quindi l’amministratore uscente, che sostiene di aver anticipato delle spese, non è legittimato a richiedere l’intero credito ma solo quello risultante dal suo estratto conto approvato con la delibera condominiale”.

Pertanto, per quanto riguardo il rimborso delle spese sostenute dall’ex amministratore, spetta soltanto il pagamento delle somme risultanti dall’estratto conto approvato col rendiconto.

Conferma del condominio parziale

Si parla di condominio parziale, disciplinato dall’art. 1123 c.c., comma 3, quando un bene è in comune solo tra alcuni condomini. Cosa che accade, per esempio, quando solo alcuni condomini hanno “la proprietà esclusiva dei posti auto ovvero nell’ipotesi in cui alcune tubazioni siano a servizio solo di alcuni immobili” (Cass. n. 10483, depositata il 21 maggio 2015).
Ovviamente, quando arriva il momento di eseguire dei lavori su tali beni comuni, sorge spontaneamente alcuni problemi. Per esempio, come vengono ripartite le spese?

Condominio parziale: come ripartire le spese?

Per ciò che riguarda la deliberazione vi è da dire che all’assemblea possono partecipare solo i condomini interessati e le relative maggioranze saranno formate prendendo in considerazione i loro millesimi di partecipazione al condominio parziale.
Con la logica conseguenza che in caso di diversa composizione, ad esempio delibera assunta in sede di assemblea generale invece che parziale, la stessa sarà da ritenersi del tutto nulla per incompetenza assoluta dell’assemblea”.
Passando in rassegna la sentenza, la Suprema Corte ha voluto esaminare la questione in ordine alla “configurabilità della comunione o del condominio parziale” riferendosi ad un cancello che serviva un’area che era in comproprietà solo per alcuni condomini, risolvendola in favore di questo ultimo istituto.

Condominio parziale: ecco cosa stabilisce la sentenza della Cassazione

Infatti, la Cassazione con la sentenza n. 4127 del 02.03.2016 ha confermato che “deve ritenersi legittimamente configurabile la fattispecie del condominio parziale tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene (Cass. 24 novembre 2010, n. 23851; Cass. 28 aprile 2004, n. 8136).
Per tale motivo, dovendo dare risposta al secondo quesito in ordine al corretto riparto delle spese, occorre ritenere che nel caso del condominio parziale trova applicazione l’art. 1123 c.c. 3 comma, che ripartisce le spese relative alla conservazione e godimento in proporzione dell’uso che ciascuno può farne o meglio, o meglio in relazione all’utilità’ che ciascun condomino trae dal bene comune (Cass. n. 6359/1996): così, per esempio, le spese per l’installazione delle porte tagliafuoco necessarie a garantire un sufficiente livello di sicurezza delle autorimesse, viene ripartita esclusivamente tra i proprietari dei box auto (Cass. n. 7077/1995; Cass. n. 5179/1992)“.

Risarcimento per danno emergente e lucro cessante

La mancata locazione di un immobile per cause imputabili al condominio (infiltrazioni di acqua nell’appartamento, proveniente dalle coperture condominiali) ne comporta il mancato godimento per colpa altrui e, pertanto, non comporta alcun risarcimento per danno emergente.
Questa è la sintesi della sentenza (la 10870/2016) emessa dalla Corte di cassazione, che ha dato ragione ad un condòmino “che aveva citato in giudizio il condominio per sentirlo condannare al rifacimento dei lavori di alcune coperture condominiali e al risarcimento dei danni derivanti dalle infiltrazioni presenti all’interno di un suo immobile di proprietà che non aveva potuto locare, causandogli un notevole pregiudizio economico“.

Quando il condomino non deve alcun risarcimento per danno emergente

Pertanto, in primo grado, il condominio è stato condannato al rifacimento dei lavori indicati dalla Ctu nonché al pagamento dei danni in favore del condomino, mentre è stato chiamato in causa anche il terzo attore, ovvero la ditta che aveva eseguito i lavori, in base all’articolo 1667 del Codice civile, pertanto anche la Corte di appello rigettava la domanda di risarcimento danni in quanto, “pur essendo un danno derivante dal mancato godimento di un diritto reale , l’attore non aveva fornito alcun elemento per la sua quantificazione.
La ditta appaltatrice veniva così obbligata al risarcimento, al posto del condominio, delle spese che avrebbe dovuto affrontare per il rifacimento delle opere ordinate dai giudici. E veniva confermata la legittimazione passiva del condominio in quanto l’attore non aveva agito in giudizio per far valere i diritti derivanti dal contratto di appalto ma in qualità di condòmino per la realizzazione dei lavori necessari alla tutela delle parti comuni dell’edificio e per il risarcimento dei danni derivanti dalle parti comuni stesse“.

Il risarcimento per danno emergente lo deve il condominio!

Per quanto riguarda il risarcimento del danno emergente, i giudici della Corte di Cassazione hanno ribaltato però la sentenza della Corte di appello. “Appurato che le infiltrazioni lamentate avevano impedito al condòmino danneggiato – che non si era disinteressato all’utilizzo del bene – di locare l’immobile, per i giudici di legittimità il pregiudizio andava risarcito mediante ricorso ad elementi di carattere presuntivo, tra i quali quelli che emergevano dalla Ctu , con i quali poter procedere al calcolo, a sua volta presuntivo, del valore locativo dell’immobile.
Riguardo, invece, al difetto di legittimità passiva del condominio, osservava la Corte che, dagli atti di causa, si evinceva che il danneggiato non aveva inteso far valere in giudizio le garanzie e le azioni discendenti dal contratto di appalto, bensì aveva agito in qualità di condòmino per ottenere l’esecuzione dei lavori per la tutela delle parti comuni, nonché per il risarcimento dei danni derivati dalle stesse parti. Per queste motivazioni la Cassazione rigettava il ricorso incidentale del condominio e dava pienamente ragione al condòmino danneggiato“.

Mancata consegna della documentazione? L’amministratore non viene revocato!

Anche se non consegna la documentazione contabile, a meno che non lo faccia con delle modalità contrarie alla buona fede, e anche se non ottiene il consenso dell’assemblea alla modifica delle tabelle millesimali, l’amministratore non viene revocato.
Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Avellino con la sentenza del 22 marzo 2016 al termine di una causa in cui alcuni condomini avevano chiesto che l’amministratore del proprio stabile venisse revocato per via di alcune gravi irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c., nonché di nominare di un amministratore giudiziario in attesa che l’assemblea provvedesse a nominare un nuovo amministratore.

Anche se non presenta la documentazione contabile, l’amministratore non viene revocato

In primo luogo, c’è da dire che suddetti condomini “hanno chiesto la revoca dell’amministratore, in quanto, benché l’assemblea condominiale gli avesse dato incarico di ottenere dai condomini il consenso alla modifica delle tabelle millesimali vigenti, egli non vi aveva provveduto, non avendo l’assemblea mai modificato le tabelle in vigore. Sotto altro profilo, i condomini hanno lamentato che, nonostante fosse stata avanzata formale richiesta di avere copia della documentazione contabile del condominio, l’amministratore non vi aveva provveduto, essendosi limitato a invitare i condomini a fissare un appuntamento presso lo studio per l’estrazione delle copie“.
Pertanto, il Tribunale di Avellino ha deciso di respingere le domande dei condomini, e, con l’occasione, ha ribadito le cause che possono condurre alla revoca per gravi irregolarità dell’amministratore di condominio.
Ai sensi dell’art. 1129, undicesimo comma c.c., infatti, l’amministratore condominiale può essere revocato, oltre che in forza di delibera assembleare, anche su ricorso di ciascun condomino se non informa (“senza indugio”) l’assemblea circa i giudizi instaurati contro il condominio, se non rende il conto della gestione, ovvero nel caso in cui commetta gravi irregolarità. Costituiscono gravi irregolarità, inter alia, la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e delle deliberazioni dell’assemblea e la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale“.

Perché se non presenta la documentazione contabile, l’amministratore non viene revocato?

Per quanto riguarda invece il caso in esame, il Giudice irpino ha spiegato che tra i doveri dell’amministratore non rientra anche quello di ottenere delle specifiche deliberazioni da parte dell’assemblea, e pertanto, come ciò, a suo avviso, non rappresenta affatto una grave irregolarità, o per lo meno non così grave da giustificare addirittura la revoca dell’amministratore.
Inoltre, per quanto riguarda il secondo profilo, anche se ai sensi dell’art. 1130 bis, primo comma, c.c., “i condomini abbaino diritto di prendere visione ed estrarre copia dei giustificativi di spesa del condominio e, in forza dell’art. 1129, secondo comma, c.c., possano richiedere anche di prendere visione ed estrarre copia dei registri condominiali (registro dell’anagrafe condominiale, dei verbali assembleari, della nomina e revoca degli amministratori, e della contabilità), il Tribunale ha evidenziato che, poiché la richiesta era stata avanzata nel mese di agosto (mese tipicamente di vacanza) e con un termine per l’adempimento dell’amministratore di soli cinque giorni, e visto che all’invito dell’amministratore a presentarsi presso l’ufficio per l’estrazione delle copie non era seguita risposta da parte degli interessati, la richiesta doveva ritenersi contraria a buona fede e non poteva dunque sussistere alcuna grave irregolarità“.

Tosap anche sulle griglie di aereazione condominiali

Tosap anche sulle griglie di areazione condominiali dei garage:  il condominio è obbligato a pagare la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap), in quanto corrispettivo della sottrazione della superficie all’uso pubblico.
Questo è quanto ha stabilito di recente la Corte di Cassazione (ordinanza n. 11449 del 1° giugno 2016)  per un condominio costituito da un garage sotterraneo (“realizzato in forza di un diritto di superficie ipogeo – ossia di costruire al di sotto del suolo – concesso dal comune“) al quale era già stato notificato un avviso di pagamento della Tosap per aver occupato suolo pubblico con l’apposizione di griglie di areazione.

Pagamento Tosap anche sulle griglie di aereazione condominiali

Il condominio aveva quindi deciso di ricorrere alla Commissione tributaria provinciale e, successivamente, anche al Tribunale amministrativo regionale ma, in entrambi i casi, veniva comunque condannato “al pagamento dell’imposta non avendo, il ricorrente, provato, tra l’altro, l’esistenza di atti di trasferimento, dal condominio al comune, delle aree coperte dalle griglie, né l’esistenza di alcun diritto di superficie relativamente a queste ultime né di un eventuale trattamento fiscale di favore concessogli dal Comune“. Inoltre, anche la Cassazione ha deciso di rigettare il ricorso.

Pagamento Tosap anche sulle griglie di aereazione condominiale: la decisione della Cassazione

Infatti, spiegano i giudici di legittimità, “l’oggetto dell’avviso di accertamento ai fini Tosap non era l’occupazione di sottosuolo pubblico, determinata dalla fabbricazione del garage, ma solo l’occupazione del suolo pubblico con le griglie di areazione poste su detto suolo a vantaggio del garage condominiale che costituisce il presupposto impositivo (articoli 38 e 39 del Dlgs 507/93)“.
Inoltre, al contrario di ciò che sostiene il condominio, per i supremi giudici, queste griglie non costituiscono una «occupazione irreversibile» poiché, anche se incidono sull’utilizzo del suolo pubblico, di certo non ne modificano né la natura né la destinazione in quanto, una volta rimosse le griglie, (“non essenziali perché il garage sotterraneo potrebbe essere areato ed illuminato con altri sistemi“), verrebbe immediatamente ripristinato il loro uso collettivo.
Occorre precisare – spiegano i giudici della Suprema Corte – che qualora il Comune acquistasse l’area circostante il perimetro di un fabbricato, nella quale siano state precedentemente realizzate griglie ed intercapedini, finalizzate a permettere la circolazione dell’aria ed il passaggio della luce nei locali sotterranei dell’edificio, non sorgerebbe a carico del condominio l’obbligo di corrispondere il relativo canone qualora il prezzo pattuito per la cessione sia stato ridotto proprio a causa dell’esistenza delle intercapedini, giustificandosi tale riduzione con la volontà delle parti di escludere dal trasferimento le porzioni di suolo in cui sono state realizzate le intercapedini, ovvero con la contestuale costituzione in favore del condominio di un diritto reale sul suolo trasferito, con la conseguenza che viene a mancare nella specie il presupposto dell’obbligazione, costituito dall’occupazione del suolo pubblico” (Cassazione, Sezioniunite, sentenza 1611/2007).

Infiltrazioni per lavori fatti male: Chi ne paga le conseguenze?

Secondo l’art. 2051 c.c., “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Ma cosa accade quando il danno non è accidentale, ma diretta conseguenza della poca accortezza di ditte maldestre, come per esempio infiltrazioni per lavori fatti male?
In materia di condominio degli edifici, solitamente il custode delle parti comuni è l’amministratore nominato dall’assemblea il quale, ex art. 1130 c.c., deve compiere tutti “gli atti conservativi” di tutti i beni condominiali comuni.
Inoltre, l’amministratore, che fra le altre cose è il rappresentante del condominio, può e deve rispondere direttamente degli eventuali danni cagionati dai beni comuni sia in sede civile che, ove il caso lo richieda, in sede penale.
Invero, ex art. 40 c.p.non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

Chi paga i danni causati da infiltrazioni per lavori fatti male?

Una volta precisato ciò, è necessario evidenziare come “anche nel caso in cui i lavori di manutenzione non siano stati effettuati a regola d’arte, e quindi salva la possibilità del condominio stesso di rivalersi successivamente nei confronti dell’impresa appaltatrice e/o nei confronti della compagnia di assicurazione di quest’ultima, il condominio resta comunque il diretto responsabile dei danni causati dalle parti comuni ai singoli condomini“.
Ciò è stato o recentemente ribadito dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale “Il condominio, quale custode delle parti comuni, risponde in via autonoma, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal condomino a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dalle pareti perimetrali comuni, salva la prova del caso fortuito.” (cfr. Trib. Monza, 07/05/2013).
Pertanto, il singolo condomino che abbia subito un danno causato da  infiltrazioni per lavori fatti male in una parte comune dello stabile, come per esempio il tetto dell’edificio, può affidare al condominio, in persona dell’amministratore, al risarcimento di tutti i danni subiti.
Nel caso in cui, alla diffida presentata dal condomino, l’amministratore non dovesse dare alcun riscontro, questi potrà agire rivolgendosi alle sedi giudiziarie competenti. A sua volta, l’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, potrà rivalersi sull’impresa che ha eseguito male i lavori causando i danni al singolo condomino.

Collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

Con la modifica dell’art. 1130 c.c. si è stabilito che “l’amministratore deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali questa “dettagliata banca dati” mira non solo a delineare l’identikit dei condomini e delle relative unità abitative, ma anche a scoprire eventuali evasioni“. In poche parole, l’introduzione di questo nuovo registro fa sì che l’amministratore possa stabilire con certezza il titolare dell’immobile, ovvero di capire chi è il soggetto che successivamente dovrà essere convocato in assemblea. Ciò significa che deve venirsi a creare una collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori. Scopriamo insieme come e perché.

Creare una collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

L’individuazione dei titolari dei diritti reali e dei diritti personali di godimento avviene attraverso la consultazione delle banche dati dei pubblici registri immobiliari presso le Conservatorie o attraverso la banca dati telematica dell’Agenzia delle Entrate. Strumenti, questi, che possono tranquillamente essere consultati da tutti i cittadini compresi quindi gli amministratori di condominio“. Ma non è tutto così semplice come può sembrare, visto che c’è una difficoltà ad individuare il vero soggetto titolare dei diritti reali che, fra le altre cose, è rappresentata dalla capacità di leggere e interpretare proprio questi documenti. Inoltre, non sempre c’è una precisa ed esatta comunicazione delle reali generalità del titolare dell’immobile. Quindi, visto lo stato dei fatti, “l’amministratore, per ovviare a questo spiacevole inconveniente, può ricorrere alla collaborazione dell’esperto visurista in quanto è in grado di fornire la certezza dei dati attraverso ispezioni ipocatastali e conseguente relazione tecnico giuridica sulla reale disponibilità dell’immobile. In questo modo, con questa certezza di dati, l’amministratore di condominio può mettere in sicurezza l’anagrafica condominiale e conseguentemente convocare in assemblea le persone giuste, ovvero quelle che possono disporre, immediatamente e senza condizioni, l’approvazione dei bilanci e delle spese condominiali , sia ordinarie che straordinarie“.

Il rapporto di collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

Il rapporto di collaborazione che viene a crearsi tra l’esperto visurista e l’amministratore di condominio può anche avere altri sbocchi. Per esempio, nel caso in cui si dovesse necessariamente procedere al recupero di eventuali spese non pagate da un condòmino, questa collaborazione tra le due figure potrebbe portare ad una fotografia con i dati certi su eventuali gravami insistenti sugli immobili (ad esempio ipoteche, sequestri e così via). Cosa questa che permetterebbe all’amministratore di iniziare la sua azione di recupero del credito dovuto, mediante azioni legali, quali per esempio il pignoramento immobiliare. “Altre cose che l’esperto visurista è in grado di fornire all’amministratore di condominio riguardano l’individuazione delle parti comuni, delle pertinenze e di aggiornamento dell’ intestazione della scheda catastale“.